Cosa vuol dire un anno di guerra

Cantava Mina in un suo successo del 1964: “E capirai in un solo momento cosa vuol dire un anno d’amore”. Ma noi lo capiremo mai davvero cosa vuol dire un anno di guerra? Questa guerra che sta straziando dal 24 febbraio del 2022 le aggredite propalazioni ucraine, e sta rendendo visceralmente infelici quelle europee. Per noi lo capiremo, però, non si può e non si deve intendere un’impossibile sommatoria di io individuali. Questi, infatti, risultano essi stessi in violento conflitto esteriore e interiore. Reciprocamente insultandoci tra pacifisti neo putinisti, e guerrafondai vetero atlantisti, il principio di guerra ce lo lasciamo serpeggiare, nutrire, crescere, dilaniare, esplodere dentro. Per noi lo capiremo, invece, dovremmo intendere proprio una coscienza, una consapevolezza collettiva. Quanto meno europea. Perché questo micidiale conflitto investe l’origine stessa della nostra civiltà. Un’origine fondata sul delirio di potenza quale dominio sull’essere. Non a caso incombe, non più come un mero fantasma, la sua destinazione finale: una deflagrazione nucleare.

Scrive lo scomparso, grande filosofo italiano Emanuele Severino: “Credo di essere l’unico a sostenere, sin dal 1989, che, sia pure continuando in forma diversa, il bipolarismo – cioè la competizione tra USA ed ex-URSS – non è mai venuto meno. E il motivo è che non è mai venuta meno la capacità dell’arsenale nucleare russo di competere con quello americano. Non si è capito cioè che la fine del socialismo reale non era la fine di quell’apparato tecnologico che all’Est avrebbe dovuto salvaguardare il socialismo marxista, ma che, per salvare la propria capacità competitiva rispetto all’Occidente, ha finito col togliere di mezzo l’intralcio costituito appunto dal marxismo” (Prefazione del 2002 alla riedizione del suo libro Téchne, 1979).

Questa situazione si è vertiginosamente aggravata proprio in questi ultimi giorni. Il 21 febbraio scorso, infatti, Vladimir Putin, nel suo discorso alla nazione, ha ufficialmente comunicato di aver sospeso – non annullato – il trattato Nuovo Salt, firmato l’8 agosto del 2010 a Praga dagli allora presidenti Usa e Russia Barack Obama e Dmitrij Medvedev. Salt sta per Strategic Arms Reduction Treaty, ossia la riduzione concordata di tutti i tipi di ordigni, sistemi missilistici e sottomarini nucleari, dettagliatamente elencati e numericamente specificati. “Sospeso” che cosa significa? Che la Russia si riterrà unilateralmente libera di non attenersi più ai termini bilateralmente concordati di quella riduzione? Questa situazione, d’altronde, è specificamente prevista nell’accordo stesso. È evidente, allora, che anche gli Usa non potranno esimersi dal farlo. Tanto che il segretario della Nato Jens Stoltenberg al vertice di paesi nordici ha detto che anche a fine guerra le relazioni con la Russia non potranno più tornare alla normalità. Da vedere se poi sarà davvero così, ma intanto su questo filo di rasoio la destinazione distruttiva dell’intero Occidente si fa sempre meno fantasmatica.

Nelle parole di Severino c’è dunque non solo la constatazione, a suo tempo lungimirante, ma ancora oggi dai più ignorata di una passata realtà di fatto. C’è anche la drammatica attualità di questi nostri giorni presenti e soprattutto il bagliore di un possibile sguardo diverso su quelli futuri. I nostri io individuali sono divisi perché l’origine dell’Europa è la fondazione stessa della divisione. Divisione, specializzazione dei saperi, e dunque di-visione, anche come conflitto di visioni diverse, contrapposte della realtà, loro negazione reciproca. Negazione significa impulso costante a sopprimerle, annullarle. Ossia credere che l’essere possa essere dominato, manipolato, creato dal nulla e nel nulla rispedito.

Il pensiero greco antico, che sta al fondamento dell’Europa, è riuscito a staccarsi da tutte le precedenti spiegazioni mitologiche, quelle proprie e quelle del vicino mondo orientale, approdando alla certezza, alla razionalità incontrovertibile dell’essere, ossia dell’esistere in quanto tale, come elemento, principio primo della realtà. L’affermazione di tale principio, però, è stata immediatamente seguita dalla sua più abissale negazione. Il mattone originario che regge tutto l’immane edificio della realtà, infatti, apparve follemente come poter, e dunque dover, diventare assoggettabile alla propria volontà di dominio. Anzi, l’intera realtà non la si trattò altro che come lo spalancato scenario di tale dominio. La supremazia dell’Occidente sulle altre civiltà del pianeta si è storicamente edificata su tale insanabile acquisizione-contraddizione.

Solo l’Europa può dunque tornare alla propria originaria percezione, coscienza, consapevolezza dell’essere, di ogni essere, quale intangibile non solo principio, ma realtà fattuale. Solo delineando un orizzonte più elevato dello stesso attuale cielo in fiamme, si possono arrestare gli inesorabili automatismi in così rapida corsa di un anno di guerra.

Riccardo Tavani

 

Print Friendly, PDF & Email