Il Tempo di Fedez

Umberto Galimberti, psichiatra e filosofo, nel suo libro “L’Ospite Inquietante, Il Nichilismo e i giovani”, già nel 2007 scriveva che un collettivo che possieda tutti i miei segreti di fatto mi possederà, perché, svelandomi completamente in tutto per tutti, non i resterà nulla che possa chiamare solo mio. 

È un problema serio, uno dei tanti che ci troviamo ad affrontare in questo momento di crisi planetaria. La salute mentale nel nostro occidente vive una crisi senza precedenti. Il triennio nero della pandemia ha visto schizzare alle stelle i principali sintomi di disagio psichico come ansia, depressione, panico, disturbo ossessivo/compulsivo, e il consumo di psicofarmaci tra i più giovani negli ultimi 5 anni è aumentato di 20 punti percentuale. 

Siamo una civiltà completamente allo sbando, che si consuma tra polarizzazioni su inezie, narrazioni sterili e opposizioni psicotiche, mentre, come già simbolicamente avvertiva il libro biblico dei Numeri, il nostro peccato ci sta raggiungendo. Il nostro peccato ecologico, etico, culturale, spirituale, filosofico, esistenziale. 

Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, ha un anno meno di me, essendo dell’ottobre del 1989.

È un uomo di valore, che stimo, ed ha affrontato gli ultimi tre anni aggiungendo alla crisi collettiva un travaglio personale che ha costantemente condiviso con milioni di persone a suon di storie Instagram, fornendo una testimonianza in cui si trovano elementi di non poco valore umano. 

Ha molto sofferto, Federico Leonardo Lucia. Gli è stato diagnosticato un cancro aggressivo e raro, è stato operato, ha avuto una difficile operazione di cui ha mostrato i segni sul suo corpo, e dopo di essa una crisi depressiva acuta che l’ha portato a sperimentare vari psicofarmaci che, alla lunga, gli hanno dato un effetto rebound, provocandogli l’effetto opposto a quello desiderato.

Un’esperienza che non augurerei neanche al mio peggior nemico. 

Federico Leonardo Lucia ha affrontato queste vicissitudini compiendo un profondo itinerario di dolorosa introspezione. Si è avvicinato alla meditazione buddista, ha compreso che la via per la salute mentale non ammette scorciatoie, ma richiede un radicale confronto con quella che Jung chiamava la propria Ombra, fino ad attraversarla per trovarvi ciò di cui nel profondo essa è costituita: una disperata sete di luce. 

Se non sono poche le cose positive che ci ha donato con la sua costante condivisione Federico Leonardo Lucia, tuttavia, astraendo dalla sua vicenda un discorso più generale che non vorrebbe giudicare né colpire lui, c’è da farsi seriamente delle domande sul dilagare di un’ostentazione delle proprie vicende più intime, delle proprie sofferenze psichiche, che se ha indubbi benefici e lati positivi, presenta al contempo non pochi interrogativi inquietanti. 

Quelle che seguono vorrebbero essere domande, non giudizi. 

In Italia, ad esempio, ci sono milioni di giovani ogni giorno che si sforzano di avere fiducia, fede, nei professionisti della salute mentale, affidandosi anche ai farmaci nel loro percorso terapeutico, e c’è da chiedersi se sia opportuna una tale condivisione così dettagliata di effetti collaterali delle terapie farmacologiche. Se queste non siano sfere intime, private, che sarebbe bene restassero nel riserbo della stanza di analisi, perché una volta approdate a un’audience così vasta confidenze così delicate sono facilmente soggette a distorsioni, strumentalizzazioni, esagerazioni, penosi fraintendimenti. 

C’è da chiedersi se non sia una pericolosa deriva questa tendenza a non avere segreti, a dire tutto a tutti, se non rischi, alla lunga, di favorire un totale svelamento di sé che alla fine, lungi dal rinforzare l’autenticità, non provochi invece una enorme spersonalizzazione. 

Diventiamo una civiltà fatta da persone che con sempre meno parole si svelano sempre più integralmente su macchinari pubblici che poi rivendono quelle rivelazioni e quei dati a “terze parti” non meglio identificate. Abbiamo completamente smarrito il contatto con le nostre radici, coi nostri padri culturali, poetici, spirituali. 

Abbiamo perso le loro parole, che fortificavano le fondamenta del nostro spirito, e tra motteggi e vogliuzze di ego sempre più insignificanti ci avviciniamo giorno per giorno ad una crescente oscurità. Ed è per questo che siamo perduti.  

Giacomo Fagiolini

 

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