Genocidio Terra a mezzo umanità
Oh, divinità ancestrali, post moderne, arcaico future riunite in alto consesso e fuori dal tempo nel Pantheon di Roma, non vi chiedo più di salvare l’umano, ché si nutre solo d’illusoria prepotenza, distruggendo il mondo e sé stesso. Custodite soltanto lo sguardo e la coscienza dell’orizzonte intramontabile che attende in noi.
Non ci resta che elevare un’invocazione di questo tenore, non si sa bene neanche a chi, l’importante è smettere di usare in accezione positiva la parola ‘umano’. Ma perché chi, quale inversa Penelope, tesse nella luce degli altisonanti ideali la tela della pace, mentre la sta già disfacendo nel buio del sordido egoismo di potenza, cos’altro è se non umano? Chi – in un folle anello dell’eterno ritorno – crea distruggendo, per ricostruire allo scopo di rifabbricare nuove macerie, cos’altro è se non Umano, troppo umano, come scrive Nietzsche. Chi, se non l’umano, sta conducendo il livello di un’intelligenza e di un sapere tecnico-scientifico mai raggiunto prima sull’orlo di un guerra nucleare, sempre più espressamente nominata, minacciata? E sebbene, si dica, con armi atomiche tattiche, ossia di ridotta dimensione, non è stata proprio quell’intelligenza squisitamente umana, a rendere questi ordigni minori, più potenti di quelli del passato considerati maggiori? E anche i più alti valori morali, politici, civili non sfuggono a tale perduta e perdente dialettica.
L’alta luce degli ideali democratici, ad esempio, occulta una densa zona d’ombra. Fin dalla sua origine, nell’Atene del V sec. a.C., la democrazia si fonda e ha continuato nel tempo a fondarsi, su un interno, e un esterno. Nell’antica Grecia solo chi ritenuto cittadino della Polis, della Città-Stato, è interno, partecipe della democrazia. Donne e schiavi ne sono esclusi, sono l’esterno, anche se è sulle loro energie, il loro lavoro che si erge la sua base fisica concreta. Con il colonialismo, prima, è l’imperialismo economico, poi, il fuori dell’interno, l’esterno è divenuto l’intero pianeta Terra, le cui risorse materiali, economiche e umane andavano razziate, sottratte con la perentorietà delle armi quali primari mezzi tecnici di estrazione. Gli ideali interni si sono sommamente alimentati di una loro sia sacrale, sia mistificata affermazione, in quanto sostanziale negazione a fini di sottomissione dell’esterno. Ed è proprio la reiterazione implacabile di tale negazione che ha permesso ieri, e continua a permettere oggi, che le dittature ideologiche e religiose si alimentino, si rafforzino, quali sostenitrici dei popoli più poveri, senza neanche adeguate risorse per combattere. L’ingiustizia fondata sul dentro delimitato, non può che dare esternamente luogo a un dentro segregato. Un segregato, ormai, che si fa luce riverberante con forza nel delimitato. Le democrature, il sovranismo, il nazionalismo violento e autoritario marciano all’interno delle democrazie per arroccarle nella loro negazione.
Qual è, però, il fuori più remoto, comune a tutti questi spossessamenti di risorse e braccia, mai considerato neanche dalle lotte di liberazione dei Dannati della Terra, secondo la nota definizione dell’antropologo Franz Fanon? Proprio la Terra, il pianeta che tutti ci accoglie e sostenta. Il ramo originario su cui siamo tutti seduti e che ci stiamo segando da sotto. Arroccamento nella negazione del genocidio ambientale in atto e genocidi bellici umani sono le due facce di una stessa moneta. Più l’umano dedica ingegno, scienza, tecnica, energie, ricchezze ad ammazzare sé stesso, oltre ormai ogni remora morale e rispetto di leggi e convenzioni internazionali, più necessariamente sprofonda all’inferno la casa che dentro, fuori, intorno, sopra lui è sua carne e spirito. La casa, però, nella sua più sotterranea ed elevata autenticità è lo stesso orizzonte dell’esistenza che è intramontabile in noi stessi e attende il superamento dell’infimo spirito di guerra e di protervia dell’umano.
Riccardo Tavani