Il giorno più lungo dell’anno: la lezione di Fitzgerald

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Hanno respirato […] hanno mostrato di possedere una spiccata personalità […] sono stati derisi, insultati, inseguiti e sfuggiti (I grandi racconti 409). Erano giovanotti benestanti o sedicenti tali; reduci della Grande Guerra; voluttuosedebuttanti; maschiette audaci. Cavalieri e dame erranti alla mercé degli scintillanti anni Venti.

Tre vicende originariamente sconnesse, avvenute nella primavera del 1919, destano l’attenzione di Francis Scott Fitzgerald. Di conseguenza, lo scrittore decide di intrecciare gli eventi e affidare a un narratore onnisciente l’onere di raccontare una storia in grado di restituire “l’isteria generale di quella primavera che inaugurò l’Età del Jazz” (I grandi racconti 276). Nasce così Primo maggio, racconto pubblicato nel 1920.

Ad animare la scena c’è un congiunto eterogeneo dipersonaggi: due giovani laureati a Yale, Gordon Sterrett, povero in canna, e Philipp Dean, giovane vacanziero rampollo di una famiglia facoltosa; Edith Bradin, la reginetta della serata; Carrol Key e Gus Rose, soldati in congedo visibilmente spaesati poiché appena tornati dalla guerra, ma in fondo “alla deriva come due pezzi di legno fin dalla nascita” (I grandi racconti 362). Tutti, per ragioni diverse, si ritrovano a “festeggiare” al Delmonico. Ma la festa è solo un abbaglio, fiumi d’alcol spostano continuamente il centro della scena:fuori dal locale la strada è in tumulto, uno di loro perderà la vita e un amore forzato sarà fatale.

Questo è il clima euforico sospeso tra repentini slanci d’entusiasmo e altrettanto improvvisa disperazione che fa da sfondo alla primavera descritta in Primo maggio. E la festacontinua ne Il grande Gatsby, altro romanzo di Fitzgerald pubblicato nel 1925 e ambientato nel 1922.

Su Jay Gatsby circolano strane congetture – solo per citarne alcune: ha ucciso un uomo; è stato una spia tedesca durante la guerra; è invischiato in loschi affari. Eppure, nonostante le gravi insinuazioni, tutto si limita alla quisquiglia, all’argomento facile per rompere il ghiaccio durante gli sfavillanti party in casa Gatsby. E quasi ogni rapporto intessuto durante la narrazione supera a malapena la soglia dell’imbarazzo iniziale.

Osservatore privilegiato di questa superficialità è Nick Carraway, narratore in prima persona che, mentre descrive i fatti, restituisce al lettore tutto il proprio scoramento. Pertanto,nel testo si vanno a sovrapporre (almeno) due piani narrativi: gli aneddoti che danno forma alla storia e il pensiero di Nick che dà a quegli eventi delle sfumature sempre più cangianti. Ciò nonostante, nessun tassello della storia si distanzierà mai dalle tonalità del grigio.

Testimoni di quel grigiore sono i luoghi (o forse i nonluoghi?) entro cui i rapporti tra i personaggi si consumano,come cenere. Nella “valle di ceneri” – terra desolata, antitesi della vivacissima New York, ma allo stesso tempo passaggio obbligato per chiunque voglia raggiungere la città – i capricci di alcuni segneranno la tragica sorte di molti altri. Siamo appena all’inizio del romanzo e in quella valle cinerea l’aria si fa subito opprimente; uno squallido adulterio mette in luce il leitmotiv che ricorre in tutto il testo: lo spettro dell’insoddisfazione personale che, seppur con esiti differenti, sposta sempre più in alto l’asticella verso la ricerca della felicità. Un’insoddisfazione che, mentre evade dai confini del testo, costringe il lettore a fare i conti con la forza della propria inquietudine; per dirla con Daisy (l’amore irraggiungibile di Gatsby): “Aspettate sempre anche voi il giorno più lungo dell’anno e poi ve lo perdete? Io aspetto sempre il giorno più lungo dell’anno e poi me lo perdo” (Il grande Gatsby 29).

Beckettiano in anticipo, Fitzgerald celebra poeticamente il senso – ma soprattutto la vuotezza – dell’attesa; dove il cambiamento è talvolta un’illusione e su ogni passo avanti incombe la minaccia di un’ineluttabile retrocessione. Oggi, a cent’anni di distanza dalla pubblicazione de Il grande Gatsbycontinuiamo ad “aspettare”: l’aperitivo del momento, la serata imperdibile, la prossima foto social. Aspettiamo, e nel frattempo ci perdiamo il giorno più lungo dell’anno.

Simone Marcelli