Il giovane Gibo non si è fatto niente

Una singola vita impegnata politicamente, di militanza dura e abbandoni estremi, di viaggi avventurosi, incontri d’amore travolgenti, droghe, musica e dollari falsi tessono la vicenda esistenziale di Maurizio Gibertini, conosciuto come Gibo. Il titolo che il protagonista dà alla sua autobiografia è Non mi sono fatto niente. Di recente uscita per i tipi dell’Editore Settanta Milieu, il titolo è un rovesciamento ironico di tutto quello che invece l’autore ha subito sotto ogni punto di vista fisico e mentale. Botte subite e date da tutte le parti, fascisti, celerini, carcerieri, detenzioni ai bordi della tortura, non solo in Italia, sofferenze, strazi interiori per micidiali dipendenze da sostanze e sentimenti. Una nebulosa dolorosa e irridente che non è tanto individuale, quanto sinteticamente e anche poeticamente rappresentativa di tutta quella vasta frazione generazionale giovanile che ha attraversato gli anni ’70 e 80’ del secolo scorso in Italia e nel mondo intero.

Il libro di Maurizio Gibertini ha in questo un alto valore storico. Valore che non può e non deve sfuggire all’attenzione degli studi storici contemporanei, perché l’esperienza dall’autore, nella totalità degli aspetti da lui vissuti e ora narrati, costituisce un prezioso quadro unico della miriade di aspetti che altrə militanti hanno vissuto in maniera frazionata. Mentre altrə hanno vissuto più intensamente questo o quella zona della militanza, Gibo le ha intensamente vissute e fatte tutte, non se ne è risparmiata nessuna. Nella gioia pur già dentro la slavina, e in essa perdendosi, disperdendosi, diseparandosi, ritrovandosi,  perché all’improvviso si percepisce quale ente distaccato fuori di sé stesso, tale da potere ancora essere tratto in salvo oltre l’orlo del precipizio. Proprio come recita il titolo originale del romanzo del 1951 di Salinger Il giovane Holden: The Catcher in the Rye, ossia L’acchiappatore nella segale, perché alla fine del campo di alte segali c’è un dirupo che non si vede e il protagonista Holden Caulfield si immagina come il salvatore di chi la vita conduce con un piede già nel vuoto del precipizio: Se scendi tra i campi di segale, e ti prende al volo qualcuno. Il filosofo Emanuele Severino osserva che se noi fossimo separati da una verità originaria, compiremmo ogni passo nell’errore, e nel nostro errare, sempre, continueremmo a camminare, errabondare. Gibo afferra al volo sé stesso, l’inseparabile verità dentro l’abisso, l’inconscio e la coscienza dei nostri errori. Quella che lui chiama – una lucidità che non è normalmente mia.

Nonostante sia alla sua prima opera, Gibertini mostra una grande proprietà narrativo-visiva. Il suo libro, infatti, non solo è scritto bene letterariamente, con un non insistito, ma acchiappante slang pop giovanile meneghino, un po’ mala milanés. No, la scrittura di Gibertini si fa vedere, si lascia seguire cinematograficamente, proprio come un film, con i suoi picchi di massima attenzione, emozione,  suspense, e i momenti di distensione, godimento. Con tanto di colonna sonora già scalettata, ché ogni capitolo è corredato di citazione di autori, titoli musicali e relative lyrics. Riferendoci a Truffaut,  potremmo esclamare: altro che quattrocento colpi, quelli di Gibo! Dalla sua adolescenza, giovinezza, maturità il tragitto serpeggiante della sua vita si snoda dalla perifieria milanese, al Perù, Colombia, Argentina, Brasile, a Poona e Bombay in India. E il Giro Carcerario d’Italia: da San Vittore, ad Ariano Irpino, Parma, Rebibbia. Pure qui con l’amore, gli amori – persino un matrimonio – senza fine mai. E quello della calata di sostanze, anfetamine, farmaci, da gironi paradisiaci e infernali altro che danteschi! Più che un film una serie televisiva, ma di alta arte cinematografica, e che a questa riconduca anche l’uso degli attuali mezzi tecno-digitali e relativi nuovi, inediti stilemi. Una presa d’atto, una responsabilità – insieme a quella spettante agli studiosi, agli accademici storici – alle quali produttori e autori italiani e internazionali non possono e non debbono sottrarsi. E con storie come questa che il cinema può galoppare preso al volo nel campo di segale da Il giovane Gibo.

Riccardo Tavani

Please follow and like us:
fb-share-icon
Wordpress Social Share Plugin powered by Ultimatelysocial
WhatsApp
YouTube
Copy link
URL has been copied successfully!