Il muro di Trump e lo shutdown

I governi nazional-populisti che sono al potere hanno a disposizione una carta, quella dei fenomeni migratori, che giocano con successo ogni qualvolta avvertono il loro consenso messo in discussione.
Con un cinismo senza freni, questa carta di distrazione di massa viene calata quando le improbabili promesse elettorali trovano uno stop nella realtà o quando imbarazzanti questioni, anche giudiziarie, rischiano di fare troppo rumore.
Accade in Italia e accade negli Usa.
Il presidente Trump, nei guai sullo scenario internazionale per la sua politica “creativa” nel quadrante mediorientale e soprattutto per gli sviluppi del Russiagate, ha rilanciato sulla questione del muro al confine con il Messico, fidando ancora una volta sulla carta anti-latinos.
Il gioco è sempre lo stesso: si offre al popolo americano, o almeno ai trump-americani, un nemico di prossimità da accusare per le difficoltà del vivere, un capro espiatorio da sacrificare per il bene comune.
Questa volta, però, le cose per il presidente potrebbero anche mettersi male.
Trump ha sfidato il Congresso, a maggioranza democratica dopo le elezioni di midterm, con la sua richiesta di 5,7 miliardi di dollari per la costruzione di nuove barriere. I democratici non hanno ceduto e sono rimasti fermi sulla loro proposta di 1,3 miliardi di dollari per rafforzare la sicurezza al confine ma senza fondi per nuovi muri.
Lo scontro ha portato il paese allo shutdown.
Ma quando 800mila dipendenti civili vengono messi a riposo senza paga non si rischia solo la chiusura dei parchi nazionali.
Con il blocco delle attività di governo si ferma il programma federale Swap che distribuisce buoni pasto a 38 milioni di americani poveri.
La classe media, cittadini e aziende, in attesa di rimborsi fiscali per oltre 150miliardi di dollari resterano a bocca asciutta a causa del blocco dell’Irs, l’agenzia federale che si occupa delle tasse.
Il personale militare è costretto al servizio senza stipendio.
Il personale sanitario, ridotto del 60%, può garantire solo i servizi salvavita.
Lo shutdown si sta rivelando una mano pericolosa per Trump e la partita potrebbe mettersi male.
Ora il presidente può solo tentare di dimostrare che la colpa di quanto accade è dei democratici che si opporrebbero alla costruzione del muro unicamente per ostacolare il successo della sua amministrazione.
Come un giocatore che punta a rovesciare il tavolo, Trump minaccia di dichiarare l’emergenza nazionale.
Per intenderci, quella che dichiarò George Bush dopo l’attacco dell’11 settembre. Uomini, donne e bambini in marcia al confine sud come i terroristi di Al Qaeda.
Una mossa rischiosa che però consentirebbe al presidente di ottenere i fondi per la costruzione del muro anche senza il favore del Congresso e di mettere fine allo shutdown.
C’è però un punto critico. L’amministrazione vorrebbe utilizzare i fondi necessari alle aree del paese, in Texas e a Portorico, devastate dagli uragani.
Sembra che Trump si stia incartando.

di Enrico Ceci