Il tram che si chiama democrazia è deragliato

L’arresto boliviano di Cesare Battisti cade come cacio sui maccheroni di Matteo Salvini e come mattoni sui coglioni di Luigi Di Maio. Altre medaglie e vertiginosi consensi sulla giacca da poliziotto del primo, che in quanto tali – come in un sistema di vasi comunicanti – ne tolgono a quella da perfettino del secondo. Ormai il distacco nei sondaggi tra Lega e M5S supera abbondantemente i dieci punti.

La famosa scatoletta di tonno parlamentare da rovesciare, svuotare di Beppe Grillo si è svelata innanzitutto come un intero barile stracolmo di sardine regalato alla Lega. Da quel gran comico da televisione e palasport, Beppe si aggira ora tra i miasmi della cronaca negli stracci di uno dei peggiori apprendisti stregoni della storia patria. Con la manovra finanziaria è magari riuscito anche a svuotarlo definitivamente il Parlamento, avendogli impedito di discutere – come Costituzione comanda – ogni singolo articolo, ma in direzione di cosa? Non certo della democrazia elettronica diretta, popolar-informatica da lui delirata e dal Dottor Strasaleggio in secretum volgarizzata e algo-ritmata. L’Italia sta divenendo una casella cruciale dello scacchiere internazionale, sui cui molti stanno facendo convergere i loro alfieri, i loro cavalli, le loro torri, per spazzare definitivamente via qualsiasi ipotesi di un’Europa del futuro, ossia non più delle nazioni, delle piccole patrie, delle guerre intestine, oggi magari solo economiche e immigratorie. E mentre la Lega è già pienamente piazzata dentro questa convergenza di forze nazionaliste, sovraniste, autoritarie, il movimento intestato a Grillo – con la Brexit – ha perduto il gruppo destrorso inglese di Nigel Farage, cui era associato a Bruxelles e Strasburgo. Ora svolazza come un cencio in cerca di un chiodo arrugginito cui aggrapparsi. Lo abbiamo visto con l’inseguimento improvviso e improvvisato dei transalpini gilet gialli. Le prossime elezioni europee – come le prime pazze piogge primaverili – possono svelarsi come un nubifragio di voti persi a favore degli alleati contractors.  Di qui l’agitato, scomposto distinguersi dalla Lega su temi che vanno dalla svolta di Grillo sui vaccini, di Conte sull’immigrazione, di vari parlamentari sulla cannabis legalizzata.

Di cosa si tratta veramente, però? Manovre tattiche, di palazzo, di corridoio, di mero riposizionamento comunicativo? A noi sembrano più di trasformismo. Del vecchio, classico trasformismo parlamentare all’italiana. Su tutti i grandi temi che hanno strappato voti al Pd per riversali sul M5S, abbiamo assistito ogni giorno a oscene piroette governative. Il Tap (Trans Adriatic Pipeline) Di Battista lo avrebbe abolito in quindici giorni una volta al governo? Adesso invece si fa, con tanto d’espianto di secolari ulivi. No Triv, ossia non più trivelle petrolifere nei mari, soprattutto in quelli del Sud? Contrordine compagni: adesso si concedono permessi quotidiani a ritmo di fotocopiatrici perennemente  in funzione. Senza parlare del congelamento del meccanismo di rivalutazione delle pensioni e del vero e proprio furto che si apprestano ad avallare sui soldi della liquidazione, o TFR, appartenenti come salario differito ai lavoratori che andranno in pensione con Quota 100. Soldi che saranno illegalmente sottratti e restituiti solo cinque anni dopo. D’altronde, un altro chiodo fisso di Grillo, oltre la liquidazione del Parlamento, è anche quello dell’eliminazione dei pensionati. E poi, l’ultima: mai più salvataggio banche? Macché! La Cassa di Risparmio Genova e Imperia (Carige), la salvano fotocopiando pari pari i provvedimenti adottati da Renzi e Gentiloni nei confronti di altre note vicende bancarie. Il grillo-trasformismo strilla allora alla nazionalizzazione. Appunto, torniamo alla grande stagione della Prima Repubbliche, con le banche asservite al potere politico e da esso quotidianamente svaligiate.

Lo stesso Treno ad Alta Velocità (TAV) si è pronti a metterlo in discussione, sia attraverso una riformulazione del progetto tecnico ed economico, sia consentendo a Salvini di sottoporlo a referendum del popolo. E il caposaldo dei caposaldi, ossia il reddito di cittadinanza, è davvero quello originariamente propagandato e su cui si sono mietute messi di voti? Non scherziamo! Della primigenia universalità, ossia il diritto in quanto cittadino, non c’è rimasto più niente. Appare  ormai solo come un ingranaggio burocratico, labirintico e farraginoso che stritolerà e non libererà affatto energie giovanili per il futuro.

Quel tram che si chiama democrazia è ormai deragliato. Il trasformismo pop-sovranista, lungi dall’esserne la causa, ne è l’effetto più vistoso. A farlo deragliare è stato lo svuotamento di fatto dei parlamenti, delle istituzioni nazionali, operato dalle possibilità tecno-finanziare di operare al di sopra ogni confine geografico sul destino economico, e dunque sociale dei popoli. Sottomettere totalmente scienza, tecnologia e politica alla connessione reticolare del profitto transnazionale è il processo strutturale in atto. Se da una parte le istituzioni europee sono parse prone, se non addirittura agenti attive di tale mutamento epocale, dall’altra chi le denuncia e le vuole sostituire alle prossime elezioni, non mette affatto in discussione tale sottomissione. Non parliamo dell’internazionale di destra che dagli Usa, alla Russia, alla Turchia incombe sull’Europa per schiacciarla ancora di più a tale dominio. Restiamo al populismo che vede nella supremazia della tecno-scienza solo uno strumento per sbarazzarsi definitivamente del peso, del freno, della corruzione rappresentati dai vecchi riti politico-istituzionali sul processo di razionalizzazione del comando tecno-economico. Il trasformismo post-deragliamento ricorre proprio a questo vecchio arnese storico: non mettere assolutamente in discussione il potere dei più forti, ma farlo solo sembrare tale agli occhi del popolo. Beppe Grillo esalta sul suo sacro blog i poteri miracolistici delle applicazioni tecnologiche della scienza, quali bagliori, prodigi stupefacenti della post-modernità, in grado di risolvere la totalità dei problemi presenti. Questo può essere anche vero, solo che ciò che non coglie Grillo è che il vero peso, freno, corruzione è rappresentato proprio da quella immane massa monetaria che si chiama profitto. Una immane quota sottratta allo sviluppo scientifico, in nome dell’ultima mera sopravvivenza ideologica novecentesca: la pretesa del capitale di estrarre, intascare profitto, sottomettendo a sfruttamento il lavoro e l’intelligenza umana.

Se la fonte dei guasti, dei rischi planetari continua a risiedere nella rapina ambientale e finanziaria operata e reiterata ai meri fini del profitto, inutile illudersi che le magnifiche e progressive sorti della Tecnica possano mettere riparo a tali devastazioni di terre, mari, cieli e climi ora in atto. In attesa che il tram deragliato della vecchia democrazia sia completamente cannibalizzato, spazzato via ma non si sa se e con quale nuovo mezzo sostituito dal trasformismo due punto zero, oggi è tutto dal sottosuolo.

di Riccardo Tavani

 

Print Friendly, PDF & Email