Europa confine delle speranze a pezzi

Milioni di persone aviotrasportate da compagnie aeree e agenzie di viaggio, spinte poi a premere sui confini d’Europa quale massa di manovra, di carne viva e dolorante da gettare sulla bilancia dei rapporti di forza egemonici. Un vero e proprio ponte con aerei di linea turchi che rastrellano siriani, iracheni, afghani, yemeniti e altre etnie geo-disperate, e le fa sbarcare a Minsk, capitale della Bielorussia. Qui altri voli o mezzi interni le trasportano e le ammassano sulla linea del gelo polacco, davanti ai cavalli di frisia, ai fanti armati, ai cingolati di Varsavia che sbarrano le speranze e spezzano loro le ginocchia.

 

Ancora una volta si consuma la follia tutta umana di intere popolazioni utilizzate, sacrificate ai fini di disegni politici e militari strategici. Quella russo-turca è un’alleanza sempre più connessa, una vera e propria sfera d’influenza e conflitto verso Europa e America. Una immensa fabbrica a cielo aperto produce per questa sfera una merce divenuta sempre più preziosa. La fabbrica è quella della vasta nebulosa bellica che avvolge molte zone del pianeta. La merce è la massa migratoria che essa incessantemente produce. E per guerra si deve intendere anche quella mossa direttamente contro l’equilibrio naturale dello stesso pianeta, che produce una variante di quella merce detta migranti climatici. Dal 2002 il rais turco ha incassato e continua a incassare dall’Unione Europea versamenti annui, per un totale ormai di circa venti miliardi di euro, proprio allo scopo fermare l’immigrazione proveniente da quelle parti del mondo. La nuova acutizzazione della crisi migratoria sulla rotta balcanica fa però assumere a tale vicenda una dimensione di più vasta portata. E lo fa senza compromettere Ankara e Mosca, essendo essa formalmente operata dall’autocrate bielorusso Lukašėnka. Per fronteggiare questo vero e proprio attacco direttamente sulla frontiera polacca, infatti, non basterà più solo sborsare altri miliardi. La mossa vuole creare e mettere permanentemente sotto scacco un fianco europeo doppiamente debole, essendo la Polonia essa stessa una acuminata spina piantata nel seno d’Europa. Lo scopo è quello di condizionare ben più pesantemente la politica continentale, per assumere così un peso maggiore anche nei confronti degli Usa. Questi, d’altronde, vedono la loro supremazia mondiale – prima indiscussa – ora con il fiato infuocato sul collo del turbo-dragone cinese. La Cina, infatti, è pronta al sorpasso economico preconizzato nel 2028, mentre quello tecno-digitale sembra già pienamente in atto. Dall’interno dello stesso Pentagono si sono levate voci allarmate sul vantaggio decisivo acquisito ormai dai cinesi sulla frontiera cruciale dell’Intelligenza Artificiale. Tanto che è dovuto scendere in campo con un suo libro l’ormai 98enne Henry Kissinger per chiamare l’intero Occidente a fare quadrato attorno ai vecchi States nel tentativo estremo di sventare tale minaccia.

Intanto, però, che la penetrazioni, la violazione dei confini geografici si fa astratta, procede per via d’intimità mentale, all’interno delle nostre sensazioni più ineffabili, poetiche perfino, la vecchia carogna della geo-politica sembra riportare in superficie quanto di più orrido sepolto nel sottosuolo della storia: la riduzione dell’umano a informe  materia sub-umana. Kant ne aveva fatto uno dei suoi imperativi categorici: non ridurre mai l’uomo a mezzo, strumento, perché ogni strumento è destinato a uso, abuso, consumo, logoramento, bruto scarto da rovesciare nella discarica dell’esistenza. Qui, però, siamo ormai all’estrazione dai corpi della disperazione quale merce privilegiata a fini di profitto monetario e militare. Non più campi, ma confini di concentramento e sterminio. L’Europa se li trova non più nelle proprie viscere, ma nei fossati tutt’intorno alla mura della sua fortezza. Sterminio, annichilimento del concetto stesso di dignità morale, per quel che di elevatezza spirituale, politica, sociale la civiltà e lo stesso Kant avevano indissolubilmente associato a tale termine.

Ma si sa – che sopra le speranze a pezzi della civiltà – ogni potere, il potere quale sostanza dell’umano reale, trova sempre la via dell’ingiustizia, mentre la giustizia non trova mai neanche quella dei famosi orologi a cucù.

di Riccardo Tavani

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