Maria, morta di freddo, il giorno di Natale
Una anziana signora, senza fissa dimora, senza documenti, è morta, di freddo, il giorno di Natale, a Roma, sugli scalini della chiesa di Santa Maria in Traspontina. A pochi passi dalla basilica di San Pietro. Una donna, una signora senza nome, per questo la chiamo Maria, come la chiesa dove ha scelto di morire, di freddo, sdraiata sui gradini di marmo travertino. Vestita di cenci, stracciati e sporchi, con i capelli arruffati, una busta di plastica con dentro due biscotti sbriciolati, una mela, un tozzo di pane raffermo, recuperati da un cassonetto della spazzatura. Il giorno di Natale, quando tutti si vestono a nuovo, indossano gioielli e gli abiti migliori, pronti per il super pranzo a base di decine di portate. Il pranzo di Natale, un pranzo luculliano, di cui più della metà del cibo viene vomitato per indigestione o buttato. Si, metà del cibo viene sprecato, gettato via, senza rimorso e senza riguardo per chi ha fame. E sono tante e tanti i bambini che hanno fame, come sono tante e tanti le persone anziane che hanno fame. Maria aveva fame. Maria aveva freddo. Maria era sola. Maria, mentre moriva di freddo il giorno di Natale, sui gradini della chiesa di Santa Maria, non aveva neanche il bue e l’asinello a scaldarla. Non aveva neanche la stalla dove ripararsi. Non aveva un giaciglio dove dormire.
Aveva freddo. Tanto freddo nelle ossa. Aveva le dita gelate, il naso che colava e le orecchie congelate. Maria aveva la sua povertà, tutta per lei, ma insufficiente a ripararla dal freddo artico di questi giorni. Aveva con sé la sua solitudine, con cui si avvolgeva, ma insufficiente per riscaldarla. Maria aveva con sé, il giorno di Natale, l’emarginazione che gli teneva compagnia da tanti anni, troppi. Nessuno gli degnava uno sguardo. Nessuno di tutte quelle signore ben vestite e ingioiellate, che buttano il cibo nella spazzatura, che gli facesse una carezza sui capelli. Troppo sporchi e unti per essere accarezzati. Nessuno di tutta quella bella gente che va in chiesa la domenica, ha pensato che Maria era sola. Anzi lo hanno pensato, ma hanno subito scacciato il cattivo pensiero. Natale è Natale, si scartano i doni, si brinda, ci si fanno gli auguri baciandosi sulle guance e stringendosi le mani. Ma nessuno ha baciato Maria sulle guance, troppo screpolate, rosse e zozze. Nessuno ha stretto le mani di Maria, troppo sporche e unte. Ma era Natale anche per lei. La donna senza nome. La signora anziana senza documenti. Sporca e lacera, come la Madonna. Si, come la Madonna, scacciata da ogni casa a cui Giuseppe bussava. Si come la Madonna che sentiva freddo. Maria, sola e emarginata. Senza averi, senza scarpe, anzi con ai piedi due scarpe enormi, da ginnastica, di quattro o cinque numeri più grandi, indossava un paio di calzini di spugna, spaiati e logori, bucati davanti e sul calcagno. Maria che non aveva niente, sentiva freddo. Aveva freddo nel cuore, la sua anima congelava ogni giorno. Lei, la donna senza nome, resisteva, al gelo e alla fame. Ma poi, d’un tratto non ce l’ha fatta più a resistere.
Mentre vagava per le strade illuminate a festa, dove le persone vestite bene non la vedevano, Maria ha avuto una visione, come un sogno, forse il delirio della ipotermia, forse la fame. Maria ha visto la stella cometa che gli indicava la strada. L’ha seguita, camminando sui sanpitrini di questa città eterna. Aveva sempre più freddo, ma camminava, seguiva la stella cometa…la sua stella cometa. Non sentiva più le mani. Non sentiva più i piedi. Il corpo la stava abbandonando, quando ha visto la stella sul portale della chiesa di Santa Maria in Traspontina, con un ultimo sforzo, ha salito, uno, due, tre gradini, poi si è sdraiata, voltandosi ha guardare la stella. Così è morta Maria, che non aveva niente, se non una visione che l’ha guidata fino alla chiesa, trascinando con sé la solitudine di una vita e l’emarginazione, dentro un busto di plastica con solo tozzo di pane, una mela marcia e due biscotti sbriciolati.
Claudio Caldarelli – Eligio Scatolini