Il referendum della nostra Ventotene

TavaniAbbiamo chiarito nell’ultimo numero di Stampa Critica le ragioni dell’inevitabilità di una riforma costituzionale, anche nel caso di una vittoria del No. Saranno, anzi, proprio le forze parlamentari contrarie alla riforma Renzi-Boschi a intestarsi politicamente l’eventuale vittoria referendaria e – in quanto vincenti – a pretendere la caduta del governo, profilando esse un nuovo disegno di riforme costituzionali, sul quale – magari – neanche convocare una consultazione popolare. E questo possibile nuovo disegno non potrà che essere lontano dalla nostra attuale costituzione, come abbiamo avuto contezza da precedenti abbozzi di progetti, a far data dalla famosa, fallita Bicamerale D’Alema-Berlusconi.

Più che a un No bisognerà allora mettere a mano a una visione di grande prospettiva civile, per tracciare le linee di una costituzione del futuro. Dal carcere, dal confino politico e sociale che rappresenta per ampi strati della popolazione la condizione umana attuale, dovremmo ispirarci al gesto visionario compiuto nel 1940-41 sull’isola di Ventotene da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni.

Mentre in tutta Europa era in atto il massacro bellico delle sue nazioni l’una contro l’altra armata; mentre le dittature nazifasciste si impossessavano delle sue più ataviche viscere; mentre da anni gli oppositori politici erano piegati, umiliati, ridotti al silenzio nelle patrie galere, ecco che questi tre confinati all’isolamento su quell’isola tirrenica – da sconfitti – concepiscono qualcosa di temporalmente vertiginoso ma non utopico. Non utopico, non impossibile, proprio perché faceva leva su uno strado profondo, solido della storia e della società moderna. Scrivono quel Manifesto non sapendo bene neanche che fine essi faranno, se sopravvivranno, se il nazifascismo uscirà vittorioso dalla Seconda Guerra Mondiale – dall’Europa fino al Giappone – e imporrà al mondo un regime così abissalmente antitetico al loro disegno, che questo sarebbe inesorabilmente finito nel cestino dei rifiuti dell’epoca. Eppure lo scrivono, subendo anche la radicale incomprensione e l’ostracismo dei compagni di lotta e d’ideali fino a quel momento più a loro vicini.

Ora non vogliamo qui entrare nel merito dei contenuti di quel Manifesto, solo mettere magari in dubbio che Renzi, Merkel e Hollande lo abbiano davvero letto, dato gli attuali poteri continentali – quelli istituzionali e quelli di fatto – si configurano come una lampante negazione di magna pars di quel testo. Ci preme più mettere in risalto lo spirito di rivolta e coraggio intellettuale di quel gesto; la sfida contro il dato fattuale, dominante del tempo, per l’apertura di uno spazio mentale e politico alternativo. Questo tipo di spirito andrebbe raccolto per andare oltre il dato di fatto che una costituzione la scrivono e la impongono sempre i vincitori di una certa pagina, scena della storia, con qualche mediazione, concessione verso i perdenti.

Chi oggi – è ancora più domani – è però il vero perdente, oltre l’uomo sociale, del lavoro, del diritto, della cultura protagonista della precedente epoca? È la Terra, il Pianeta Gaia nel suo insieme: suolo, acque, atmosfera, biosfera, entro cui respiriamo, pensiamo e agiamo. L’attacco alle condizioni stesse di sopravvivenza del pianeta, ai fini d’interessi e profitti privati, si fa sempre più sfrenato. Non si può più neanche concepire oggi una costituzione che non ponga fine alla tragica scissione tra uomo e natura, alla sottomissione e sfruttamento di questa a favore del primo. Proprio come per Spinelli, Rossi e Colorni non si poteva più concepire un disegno che non ponesse fine alla letale divisione e contrapposizione dello spazio di civiltà europeo per stati nazionali tra loro belligeranti. Belligeranti proprio in quanto nazionali. Così come belligerante non potrà fare a meno di essere l’uomo – costituito in entità geo-economiche, scientifiche e tecnologiche – protese solo allo sfruttamento definitivo di ogni risorsa del pianeta. Costringendo alla belligeranza anche chi è depredato e desertificato nel suo stesso ambiente vitale.

Una simile Ventotene, un tale Manifesto, Costituzione degli sconfitti, della Terra Sconfitta dovremmo essere in grado di elaborare e far respirare in alternativa a quella dei vincenti.

di Riccardo Tavani

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