Alle donne non sempre è dato nascere. Gli aborti selettivi.

Eccolo lì, quel piccolo spermatozoo che si dimena, in mezzo ad altri milioni di esserini, tutti uguali, tutti in corsa. Verrebbe voglia di gridargli, come allo stadio, durante una gara sui cento metri: “Dai, forza, ecco ci sei! Bravooooooo!!”.
Poi passa qualche mese e in quella moltiplicazione di cellule, nel silenzio di un ventre a volte accarezzato da una mano delicata, si sviluppa una bambina. Rotola, si gira, si nutre, respira in quel modo che sembra quasi magico. I mesi trascorsi sono già tanti, sicuramente, tanti. La bambina si prepara alla nascita, con la madre, ma la mano che prima accarezzava il ventre è diventata insicura, a volte dei colpi sembrano giungere attraverso il sacco amniotico. Il cuore della mamma soffre, insieme al suo fisico. I calci che arrivano a colpirla sullo stomaco le fanno mancare l’aria e l’aria manca anche alla piccolina di cinque mesi, che si nutre all’interno di quel corpo.
Non è tempo di nascere. Eppure qualcuno sta costringendo la piccola ad anticipare i tempi. Con le cattive, con il fastidio di chi non ama. Le contrazioni del corpo materno, le botte, le urla, poi la nascita forzata. E l’aria che non entra nei polmoni immaturi, il cibo che non può arrivare alla sua boccuccia. Il brusco ritorno al mistero e non alla vita.
La bambina è stata abortita perché era un feto femmina. E non va bene, è scarto, immondizia, vita inutile. Le bambine sono considerate, in alcune zone del mondo, una disgrazia, una donna deve partorire figli maschi, magari non solo, ma soprattutto figli maschi. Le femmine, se si può, vanno uccise, sono un peso.
Siamo in India, un paese che si sta arricchendo, che sta crescendo, che regala grandi soddisfazioni anche all’occidente con le sue industrie a basso costo. Potremmo essere, però, anche in Cina, nel Caucaso, in Vietnam, Pakistan, Georgia, Armenia, Corea del Sud.
Si sceglie di eliminare solo la parte femminile del mondo, con la conseguenza di un aumento della popolazione maschile e, quindi, di uno squilibrio tra le due parti del mondo che, in alcune zone, quali Cina e India, risulta già particolarmente evidente.
La donna è considerata una spesa da sostenere. L’uomo una ricchezza.
Non deve sembrare troppo strano neanche a noi. Ricordiamoci dell’augurio che, fino a qualche anno fa, risuonava in occasione di un matrimonio: “ Auguri e figli maschi!”. Stesso concetto, stesse idee.
Una rivalutazione del ruolo femminile, della sua produttività, del suo importante apporto nel mondo, potrebbe forse aiutare a cambiare a livello mondiale questa tragica scelta dell’aborto selettivo che, ogni anno, impedisce a migliaia di bambine di venire alla luce.
E le prime a cambiare devono essere le donne. Le uniche, vere, possibili grandi rivoluzionarie del pianeta Terra.

di Patrizia Vindigni