Diario dal Giappone 4. A Ogimi, il villaggio dei centenari, per il piatto della longevità

C’è un proverbio a Okinawa che dice: “Il cibo deve nutrire la vita”. In giapponese suona come “Nuchi gusui” e si potrebbe tradurre anche con la frase di Ippocrate: “fa che il cibo sia la tua medicina”. Forse è questo il segreto dell’isola, dove si registra la popolazione più longeva al mondo: 15 persone sui 3 mila abitanti di Ogimi sono centenari, addirittura 171 sono ultranovantenni. Dan Buettner, del National Geographic, nel suo documentario su Netflix l’ha definita una “zona blu”, insieme alla Sardegna, a Nicoya in Costa Rica, a Icaria in Grecia e a Loma Linda in California. Luoghi in cui si vive bene, si vive a lungo, si vive felici.

Per toccare più da vicino tutto questo decidiamo di andare verso il nord dell’isola, a Ogimi, il villaggio dei centenari. Sono più di 80 km dal capoluogo, Naha, in un’isola che sembra piccola solo nella cartina ma che invece si estende per 2 mila chilometri quadrati, con 1,3 milioni di abitanti, a due ore di volo da Osaka, verso sud, tra il Mar Cinese dell’est e l’Oceano Pacifico. Qui è nato il karate, dalla fusione di arti marziali cinesi e l’Okinawa-te. Qui si è combattuta la sanguinosa battaglia di Okinawa, tra marzo e giugno 1945, tra le forze statunitensi e quelle giapponesi.

Prima di entrare ad Ogimi c’è una piccola lastra in pietra. Le scritte dicono così: “A 80 anni, sei un giovane. A 90, se i tuoi antenati ti invitano in cielo chiedi loro di aspettare fino a che non arrivi a 100. Poi puoi prendere in considerazione la cosa”. Per il professor Craig Willcox, docente di salute pubblica e gerontologia presso la Okinawa International University, le ragioni di questa predisposizione sono chiare: “Circa due terzi di questo “elisir di lunga vita” viene dall’alimentazione e dallo stile di vita. Il resto è genetica”.

La genetica mi interessa poco, lo ammetto, è l’alimentazione che voglio scoprire. Gli ingredienti sono sempre gli stessi: tofu e legumi, frutta e verdure, più pesce che carne, e poi patate dolci, zucca amara, alghe. Ovviamente riso. Il tutto con pochissime calorie. “Se in laboratorio si riduce l’apporto calorico dei mammiferi, questi vivono in generale tutti più a lungo – spiega ancora Willcox – Il costante deficit energetico innesca un meccanismo di autoconservazione: l’organismo si adatta a convertire una più alta percentuale di cibo in energia utilizzabile e attiva gli enzimi che favoriscono la longevità”. 

Il luogo prescelto per toccare, anzi per assaggiare, questo segreto è il ristorante Emi no Mise. Neanche 20 posti, solo su prenotazione, da fare il giorno prima così da poter dare il tempo di cogliere gli ortaggi nell’orto. “Quando sono arrivata al villaggio di Ogimi, rimasi incantata dalle verdure che crescevano negli orti del villaggio delle nonne – spiega la proprietaria, Emiko Kinjo – le idee per le ricette invasero la mia mente. Ammiravo l’armonia con cui le persone vivevano in relazione con la terra e con il mare. È con la volontà di portare avanti la saggezza di questo stile di vita che ho aperto il ristorante”.

Prendiamo due piatti. Uno si chiama “Makachikumisore” che nel dialetto di Okinawa significa “Per favore, lascia fare a me”. L’altro è il “Chojuzen”, il famoso “Piatto della longevità”. Dentro c’è tutto quello di cui hai bisogno: riso in stile Yanbaru, papaya, noodles con agrumi ed erbe locali, pancetta di maiale brasata in agrumi, zuppa di miso, alghe Hijiki e il piccolo Shiikwaasa, il limone tipico di Okinawa. Sapori nuovi, mai provati, strani, diversi. Buoni. Proteine, carboidrati, vitamine, fibre. Nelle quantità giuste, senza eccessi. “Fino a qualche tempo fa, le verdure non erano cose che qualcuno comprava al negozio – continua Emiko Kinjo – Qualsiasi posto con della terra diventava un orto. Le persone piantavano i semi, aspettavano con pazienza che germogliassero e poi coltivavano le piante con cura. La cultura del cibo di Ogimi viene da un profondo, lungo legame con l’ambiente. La saggezza degli anziani del villaggio nell’utilizzare ingredienti locali e stagionali nei pasti è passata di generazione in generazione. Spero che i nostri bambini continueranno ad avere interesse in attività come l’allevamento, la pesca, la cucina, la coltivazione. Al cibo, insomma”. Che è il segreto per una vita felice. E, a quanto pare, anche lunga.

Lamberto Rinaldi