Mafia non mafia

Sfogliando i petali della margherita cresciuta all’ombra dello Stato, veniamo a sapere che la mafia a Roma non c’è, che il procuratore Pignatone si è sbagliato e che Il mondo di mezzo era una invenzione dei giornalisti del’Espresso.  Veniamo anche a sapere che Buzzi e Carminati, sodali di politici di destra e di sinistra, vedi Alemanno e Marroni, erano semplici uomini di affari. A Roma c’è la non mafia. Intanto la sindaca pentastellata Virginia Raggi, in Campidoglio, insigniva il Pm Nino Di Matteo, della cittadinanza onoraria. Un gesto molto significativo all’indomani della sentenza che cancellava la mafia dagli affari di Carminati e soci. Alla cerimonia, erano assenti tutti i gruppi politici, ecceto il cinque stelle. Ora la sindaca Raggi, che certo non brilla per come come governa la città, anzi sembra quasi di essere tornati ai bei ( si fa per dire) tempi di Rutelli o Veltroni senza tralasciare Alemanno, in cui la mknnezza sommergeva le strade, i trasporti andavano a singhiozzo e l’acqua aveva qualche problema. Malagrotta era di Cerroni e ancora lo è, la differenziata ancora è in alto mare e sembra che qualche raccomandazione si fa ora come si faceva ai bei tempi. Ma torniamo all’evento, cioè al fatto che Di Matteo, il pm più odiato dalla mafia, perchè indaga sulla trattativa Stato-mafia, è stato chiamato in Campidoglio per ricevere un riconoscimento. Era importante che tutti i gruppi politici, invece di disertare l’aula, fossero presenti. Ma così non è stato. Nessuno, naturalmente, ammetterà che i motivi della diserzione erano per prendere le distanze, ma abbiamo capito che manca il senso e l’etica dello Stato, mancano la legalità e il comu e senso del pudore, ma soprattutto il coraggio delle proprie azioni. Tutti si nascondono dietro gli impegni, e per dirla alla Blues Brothers: la gomma a terra, la benzina, la tintoria, il funerale della madre, le cavallette. nessuno che dica la verità. A Roma la mafia non c’è e non seve insistere con la presenza del pm che vuole dimostrare un legame tra lo Stato e la mafia. A cosa serve essere presenti con Di Matteo, uno che ha fatto condannare tanti mafiosi e i loro amici tipo Cuffaro o fatto incazzare Napolitano e Mancino, rinviare a giudizio Dell’Utri, processare Mori e ancora cerca i complici politico-istituziomali delle stragi del ‘92-’93 e per questo è stato condannato a morte da Totò Riina e Messina Denaro. La mafia c’è e pesa nelle scelte di ogni giorno, in una città come Roma e in ogni regione di questo paese, che sposta l’attenzione sui migranti per nascondere il vero cancro che divora l’Italia: la corruzione mafiosa della cosa pubblica. Raffaele Cantone della agenzia anticorruzione, fornisce dei dati raccapriccianti su quanti soldi pubblici vengono sacrificati sugli altari delle mafie che gestiscono la corruzione su ogni spesa, anche la più piccola, che i teressa la pubblica amministrazione. Un fiume di denaro, in ,ibera uscita, e senza nessun controllo, e senza nessuna indignaziione poitico-istituzionale. Quasi a lasciar perdere, affinchè il denaro pubblico scorra fluido dalle casse dello Stato alle casse della mafia. Non siamo un paese mafioso, non siamo un paese corrotto, i giornali, pochi per la verità, esagerano, la piaga di questo paese sono i migranri e gli zingari, che rubano e spacciano, e puzzano e non si lavano. La piaga dell’Italia è il colore della pelle, non i miliardi di euro rubati alla collettività dai corrotti e dai mafiosi.

di Claudio Caldarelli

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