La comunicazione inefficace della sinistra

Quando quella di strategia è peggio della mancanza di idee             

Anni fa, di fronte alla proposta di un provvedimento fiscale di sinistra, “il pregiudicato di Arcore” Silvio Berlusconi seppe convincere moltissimi italiani delle sue ragioni, col solo uso di un’espressione diretta ed esaustiva. L’ex-premier si lamentò del fisco che “frugava nelle tasche degli italiani”, facendo sentire anche l’ultimo dei cittadini aggredito come un suo pari, di fronte alla necessità di finanziare lo Stato con parte dei propri guadagni. La sua bravura fu di fare sentire il cittadino comune nelle sue stesse condizioni, seppure la costituzionale progressività delle imposte e l’imprenditoriale possibilità di evasione/elusione, li rendesse esattamente suoi antagonisti. Allora, da sinistra che cosa venne risposto? Per il timore d’essere visti come degli approfittatori, praticamente non risposero nulla e lasciarono che il poveraccio si sentisse empaticamente dalla parte dei suoi sfruttatori; eppure sarebbe bastato rispondere con qualcosa di semplice e sapientemente evocativo (tipo: “Ah, con noi il fisco può frugare quanto gli pare, non c’è nulla da prendere!”), per ristabilire le giuste posizioni. In un’altra occasione, sempre l’uomo di Arcore, si lamentò delle intercettazioni della magistratura nei suoi confronti, denunciando uno Stato di Polizia che spiava i suoi cittadini, ricevendo il sostegno morale anche di persone che quando parlano non hanno nulla da temere, perché non hanno nulla da nascondere. Anche lì, le risposte a quell’attacco alla magistratura si rivelarono flebili e inadeguate. Più recentemente, “l’assenteista” (tranne che sui social) Matteo Salvini ha saputo far ritenere equa la flat tax, perfino a coloro che son così poveri da non pagare già ora nulla di tasse. Non solo, sulla questione migranti è bravissimo a farli ritenere colpevoli del degrado del paese, a farli apparire come degli invasori, invece di attaccare gli evasori fiscali, la criminalità organizzata e il nostro capitalismo-arraffone, che proprio senza lo sfruttamento dei disgraziati che migrano da noi, non starebbe in piedi. Ma da sinistra, qualcuno è riuscito a far vedere i reali termini della questione? Eppure non era tanto difficile, se c’è riuscito un regazzino de borgata, semplicemente dicendo: “Non me sta bene, che no!” spiegando con semplici parole che il non funzionamento dei servizi al cittadino, non sono colpa dei rom.

La verità è che alla sinistra, pur con i suoi tanti intellettuali, più che i contenuti manca la capacità di trasmetterli “alla pancia” del suo elettorato. Forse per paura di essere tacciata di rozzezza, di essere vista come politicamente scorretta, lascia ai suoi avversari (che rozzi e scorretti lo sono davvero) campo libero nella comunicazione. Senza entrare in merito sui contenuti delle scelte politiche dei partiti di sinistra, spesso incapaci di portare avanti quelle battaglie storiche della sua parte politica, ciò che comunque manca loro è di saper comunicare con i suoi elettori che non siano schierati. Spesso i leaders di certi partiti non sanno far arrivare il loro messaggio agli elettori che non abbiano la loro stessa conoscenza, la loro stessa preparazione e lo stesso loro linguaggio, forbito e adeguato. Il commento qualunquista, sotto il suo faccione sorridente ad una sagra paesana, di un Salvini su Facebook, è molto più comprensibile ed immediato dello splendido e lineare eloquio di un Cuperlo, in un salotto televisivo, o sulle colonne di un giornale. La sinistra, quando si comporti come tale, deve riuscire a farsi capire dalle classi che intende tutelare e rappresentare. Se necessario deve essere capace di ruttare in tv (…) o di mettere una storia accattivante su Instagram, perché sarà triste, ma in quest’epoca si comunica così. Poi, questo non implica che non possa anche comunicare diversamente, ma se continuerà a rinchiudersi nelle sue torri d’avorio, di certo non farà né il bene per sé, né per cittadini.

di Mario Guido Faloci

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