Messico. Uccisa Patricia Rivera, l’avvocata che lottava per i diritti degli indios

L’hanno assassinata con un proiettile alla testa, nella sua casa di Terrazas de la Presa, a Tijuana. E’ morta così, nella notte tra sabato 19 e domenica 20 marzo, Patricia Susana Rivera Reyes, 61 anni. Avvocata ed esperta dell’Università autonoma della Baja California, Rivera Reyes era impegnata nella tutela dei popoli indigeni dello Stato nel nord del Messico.

Una vera e propria esecuzione a freddo, spietata e chirurgica. Un attacco perpetrato da un commando armato, composto probabilmente da tre uomini, ha fatto irruzione nella casa di Patricia Susana Rivera Reyes e ha ucciso con un colpo alla testa l’avvocata 61enne impegnata nella difesa dei diritti degli indigeni della Baja California in Messico.

Un omicidio che ha suscitato un’ondata di dolore e proteste nel paese centroamericano, la sua attività in favore delle comunità più discriminate infatti era nota in tutto il Messico e la sua uccisione è stata collegata immediatamente ad alcune sue inchieste. Evidentemente il suo lavoro dava fastidio a qualcuno e molto, in Messico come d’altro canto in altri paesi dell’America Latina le terre dei nativi sono oggetto di sfruttamento da parte delle multinazionali o dei governi per estrarre materie prime o per far passare impianti che trasportano gas o petrolio così come vengono espropriate per costruire dighe o altre infrastrutture.

I terreni sono abitati dalle popolazioni indigene che rappresentano un argine alla devastazione ambientale e ai cambiamenti climatici, le comunità però vengono escluse da qualsiasi contrattazione e sfrattate brutalmente dai loro territori originari. Eppure nel 2018 è stato firmato l’accordo di Escazu, da molti paesi tra cui Argentina, Messico e Brasile, che è entrato in vigore nell’aprile dello scorso anno. Pochi giorni fa si è unito anche il Cile grazie alla decisione del nuovo presidente, entrato in carica, Gabriel Boric, il quale ha specificato che con l’accordo si mira a contribuire “alla tutela del diritto di ogni persona, delle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente sano e allo sviluppo sostenibile”.

In ballo ci sono l’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia, compresa la creazione di meccanismi per proteggere proprio i difensori dell’ambiente. Tutte questioni delle quali, tramite l’appoggio fornito alle comunità della Baja California, si occupava Patricia Rivera. La sua morte, su cui è in corso un’indagine da parte delle autorità, ha gettato nello sgomento le organizzazioni messicane per la difesa dei diritti umani, un ambiente nel quale Rivera era amata, stimata e fortemente apprezzata.

Si è chiesto alle autorità di lavorare perché sia fatta giustizia e individuare i responsabili del vile assassinio. In questo senso il difensore civico della CEDHBC (Comisión Estatal de los Derechos Humanos de Baja California), Miguel Ángel Mora Marrufo, ha richiesto un’istruttoria rapida riguardo l’omicidio sottolineando l’importanza di chiarire l’accaduto «dato che qualsiasi attacco ai difensori dei diritti umani è un affronto alla società». L’avvocata infatti era anche una stimata accademica dell’Università autonoma della Baja California, la sua è stata una carriera che l’ha candidata a diventare nel corso degli anni una delle massime esperte della materia di cui si occupava. Specializzata in Diritto Internazionale relativamente al rispetto dei Diritti Umani presso l’Università Carlos III, a Madrid, in seguito è stata consigliera dell’ufficio del procuratore del suo stato sempre per quanto riguardava le politiche di protezione umanitaria delle comunità indigene.

L’uccisione di Patricia Rivera va ad aggiungersi agli altri 97 omicidi avvenuti da quando è diventato presidente Lopez Obrador, una strage che ha coinvolto diversi attivisti come ma anche molti giornalisti, dallo scorso gennaio infatti sono stati freddati già otto reporter, uno ogni nove giorni. Per molti di loro l’esecuzione è stata ordinata da un politico corrotto o dalle organizzazioni criminali preoccupate per le notizie sulle loro attività illegali.

Purtroppo possiamo solo dire che l’uccisione di Patricia Susana Rivera Reyes è stato un massacro che proprio a Tijuana raggiunge il suo apice con 350 persone morte per mano di sicari dall’inizio dell’anno.

Quando si cerca di silenziare la verità attraverso la morte di coloro che la raccontano, con determinazione e consapevolezza dei rischi, allora molto si deve ancora fare.

Forse troppo, un troppo che anno dopo anno sembra sempre più irraggiungibile.

di Stefania Lastoria

Print Friendly, PDF & Email