La fine di Schwazer

Lamberto

La carriera di Alex Schwazer è finita. Sono 8 gli anni di squalifica che il Tas ha inflitto al maratoneta di Vipiteno, medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Pechino 2008. Una sentenza durissima e allo stesso tempo inevitabile per la recidiva al doping.

La prima volta nel 2012, alla vigilia delle Olimpiadi di Londra. I risultati positivi, la lista infinita di sostanze dopanti, la confessione, le lacrime. E una squalifica durata fino all’aprile del 2016 quando torna a correre a Roma, nei campionati mondiali di squadre a marcia, e a vincere.

Nel mezzo c’è un purgatorio di allenamenti, prove e riflessioni. Schwazer sceglie di affidarsi a Sandro Donati, allenatore di atletica e capofila della lotta al doping a livello internazionale. Sotto la sua guida riprende ritmo e fiducia. Viene sottoposto a ben 40 controlli, tutti negativi.

La rinascita sembra ad un passo, l’obiettivo è Rio. Poi lo shock. Nei test effettuati il 1 gennaio 2016 si delinea un profilo sospetto. Gli approfondimenti sottolineano un eccesso di testosterone esogeno.

Schwazer grida al complotto, parte comunque per Rio. Si allena per strada, da solo. Fino a ieri, quando il suo allenatore gli comunica la decisione del tribunale.

È un buio tremendo quello che adesso avvolge il maratoneta, avvistato da solo in spiaggia o nella hall di un albergo a guardare la tv da solo.

E a rendere la vicenda ancora più triste e strana sono alcune semplici connotazioni. Le analisi evidenziano come l’atleta abbia assunto questa lieve quantità di testosterone intorno a dicembre. Ovvero con quattro mesi di anticipo rispetto alle gare da disputare e in mezzo ad altre decine di controlli, tutti negativi. Perché doparsi così “poco” senza mai averlo fatto prima e con appuntamenti agonistici così lontani?

E soprattutto perché i controlli sono stati effettuati il 1 gennaio, ovvero quando tutti i laboratori clinici erano chiusi, e perché quella provetta, rimasta nelle mani dei funzionari della federazione per un giorno intero, invece di essere anonima era nominale?

Dubbi e tormenti che affollano la mente di Schwazer e del suo allenatore. “Da una parte c’è una prova regina che sono le molecole di testosterone presenti nelle urine, mentre dall’altra parte abbiamo potuto addurre molti indizi e un quadro complessivo con punti oscuri e inquietanti” ha detto Donati.

Ora, che sia vittima o colpevole, la prova più dura: quella di resistere e avere il coraggio di ricominciare. Purtroppo non da atleta.

di Lamberto Rinaldi

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