Primo maggio, paradigma di libertà

Stampa Critica sceglie di essere “partigiana” cioè di essere dalla parte delle operaie e degli operai, dei disoccupati, dei pensionati, degli sfruttati e degli ultimi. Abbiamo scelto di stare con gli ultimi, siano essi migranti, Rom, senza fissa dimora o senza niente. Essere partigiani, in questo Primo maggio di testimonianza di valori e di etica, ci ha indotto pubblicare, un ampio stralcio del discorso di Maurizio Landini di due anni fa.

Primo maggio, paradigma di libertà. Prima tollerato, poi bandito dal fascismo dal 1923, infine riconosciuto dalla Repubblica….il Primo maggio cade tra il 25 aprile e il 2 giugno. Detta così sembra banalità, ma in realtà la storia ha regalato all’Italia un calendario civile straordinario. Perché se il 25 aprile è il giorno della vittoria sul nazifascismo e della Liberazione e il 2 giugno è il giorno della nascita della Repubblica che da quella Liberazione deriva, il Primo maggio fa un po’ da collante tra queste due date, perché è la festa delle lavoratrici e dei lavoratori che alla Resistenza hanno dato un contributo fondamentale per dar vita a una Repubblica fondata sul lavoro.

In questo senso, oltre che una festa che ricorda una storia di lotte e di conquiste che tracciano la strada per il futuro per tutti i lavoratori del mondo, nel nostro Paese il Primo maggio è un paradigma di libertà.

Negli anni del Regno d’Italia non venne mai riconosciuto ufficialmente ma venne praticato dal movimento operaio e dalle organizzazioni per conquistare la giornata lavorativa di otto ore, quando se ne lavoravano 10 o 12 ma anche di più, con questa conquista affermare la propria autonomia dal capitale…

…una visione del mondo basata sulla centralità del lavoro, sul rispetto delle persone, sui diritti sociali e su una più equa distribuzione della ricchezza. Antichi quando fondamentali, questi obiettivi sono tuttora validi perché sappiamo che nel nostro mondo niente è conquistato per sempre.

…tra fine ‘800 e inizio ‘900 milioni di persone che vivevano del proprio lavoro ad ogni Primo maggio si fermavano, si mettevano il vestito della festa, sfilavano in corteo, manifestavano la loro opinione, parlavano al Paese di giustizia sociale, solidarietà e libertà. A volte tollerati, altre volte repressi, sempre dovevano conquistarsi quella giornata di festa e di lotta.

Poi il fascismo cancello ogni possibilità e non casualmente uno dei suoi primi provvedimenti fu mettere fuorilegge il Primo maggio con un decreto legislativo, nell’Aprile del 1923, dopo che negli anni precedenti aveva assaltato è bruciato decine di Camere del Lavoro, sedi di giornali e partiti di sinistra, ucciso centinaia di persone, terrorizzato il Paese. Il Primo maggio venne sostituito con il Natale di Roma, per cancellarne persino la memoria, in un clima di repressione che costrinse in galera, al confino, in esilio, migliaia di lavoratori e sindacalisti….eppure il Primo maggio continuo a essere ricordato è celebrato in silenzio e in clandestinità…

Solo con la Liberazione e con la Repubblica “fondata sul lavoro” il Primo maggio diventa libero di essere ciò che è, la festa di chi per vivere deve lavorare.

Ed essere riconosciuto a pieno titolo come data di riferimento per tutto il Paese.

 

Print Friendly, PDF & Email