Morire di lavoro: Incoronata Sollazzo e Maria Incoronata Ramella

Giusy

“C’è il sole oggi a Cerignola. Un sole tiepido, che in una giornata qualsiasi di una vita normale, riscalderebbe il viso durante una passeggiata. Oggi questo sole mi brucerà la pelle, a mezzogiorno. Ma è la condizione migliore per lavorare. Perché di lavorare non posso farne a meno, e sperare che almeno il tempo sia dalla mia parte è il solo modo per sopportare tante altre cose che accetto in silenzio. Siamo tante, qui. Ci sono donne più giovani di me, con bambini che lasciano alle prime ore del mattino. Ci sono donne belle, sfortunatamente belle, che chissà quanti no hanno dovuto ingoiare per i piaceri del caporale e per poter continuare a stare qui. Ci sono io. C’è la mia amica Maria, qui accanto a me, stamattina, nel solito pullmino sempre troppo stretto, con troppa poca aria, in viaggio verso un campo in cui raccogliamo pomodori e perdiamo dignità e coraggio, ogni giorno…”
Non sono stati questi gli ultimi pensieri di Incoronata Sollazzo, una delle tante vittime del caporalato morta il 24 aprile del 1998 insieme a Maria Incoronata Ramella, mentre viaggiava su un furgone pieno sino all’inverosimile per raggiungere i campi. Non sono stati sicuramente questi, perché la consapevolezza di poter morire da un momento all’altro quando si accettano determinate condizioni non è contemplata. Si mette da parte, perché è la necessità di poter portare qualcosa a casa che parla per prima. E allora tanti diritti nemmeno si sognano, e ci si trova a vivere vite che vengono raccontate, ricordate e ricostruite, senza che ancora sia cambiato qualcosa. Perché Incoronata e Maria sono morte nel 1998 in una provincia, come quella di Foggia, in cui vent’anni dopo non è cambiato nulla, se non forse la provenienza geografica di chi non ha la possibilità di dire no. Il caporalato è a tutti gli effetti lo schiavismo del nostro Paese e di questo secolo. La storia di Incoronata di ieri potrebbe essere – ed è – quella di tante altre donne: i suoi pensieri potrebbero aver preso forma in altri luoghi e in altri viaggi maledetti, ma non è sufficiente scriverne e mantenerne il ricordo. In occasione di una Festa dei Lavoratori che nel 2016 hanno poco più che un giorno sul calendario a loro dedicato, la riflessione e il ricordo dovrebbero una volta, in definitiva, diventare azione.

di Giusy Patera

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