Caporalato. Quali leggi e condizioni di lavoro.

Il fatturato delle agromafie, le organizzazioni criminali che controllano l’intera filiera agroalimentare, è cresciuto solo nell’ultimo anno del 30%, arrivando a 21.8 miliardi di euro, secondo il 5° Rapporto sulle Agromafie 2017 di Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità agroalimentare. Una parte degli affari delle agromafie riguarda la gestione, attraverso intermediari, della forza lavoro agricola. In altre parole, il caporalato, configurato come reato solamente nel 2011 nell’articolo 603-bis del codice penale. Recentemente, la legge n°199 di ottobre 2016 ha reso perseguibile non più, come nel 2011, solamente l’intermediario che recluta la manodopera, ma anche chi la “utilizza, assume o impiega […] sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”. L’apporto più importante della 199/2016 è proprio il fatto che rende punibile anche il datore di lavoro. Questa legge, che inasprisce anche pene e ammende e si configura come repressiva, tuttavia non tocca le radici del problema, legate non solo al fenomeno mafioso, ma anche all’inefficienza degli uffici di collocamento per i lavoratori agricoli e alla difficoltà di ottenere manodopera con poco preavviso e a costo non proibitivo, elemento, questo, che si configura come necessità ai fini di sopravvivenza per tutti quegli agricoltori che si ritrovano loro malgrado a dover competere con la grande distribuzione organizzata.

Secondo il terzo Rapporto su Agromafie e Caporalato (2016) a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto, sono tra i 400.000 e i 430.000 i lavoratori potenziali vittime di caporalato e i lavoratori irregolari.
Se lavori come bracciante sotto un caporale, lavorerai tra le 8 e le 12 ore al giorno, ricevendo una paga che varia dai 22 ai 30 euro a giornata, il che vuol dire che guadagnerai nella migliore delle ipotesi 3.75€ l’ora e nella peggiore 2.5. Sempre che tu non venga pagato a cottimo (modalità vietata per legge in agricoltura), ovvero circa 3-4 euro per ogni cassone da 375 Kg. Ovviamente, oltre a guadagnare circa il 50% di quanto previsto dai contratti per i lavoratori agricoli, non avrai alcuna tutela e diritto garantito. In più, è probabile che, come il 60% dei lavoratori sotto caporale, tu non abbia accesso ad acqua o servizi igienici. Come tutti quanti dovrai pagare il trasporto al caporale verso il lavoro, spendendo mediamente 5 euro al giorno, da aggiungersi al costo medio di 1.5 euro a bottiglietta d’acqua e ai 3 euro per il panino. Perché, è ovvio, nessun bene di prima necessità viene fornito gratuitamente.

In queste condizioni, potrai lavorare in tutte le stagioni, spostandoti di luogo in luogo di raccolta. Probabilmente sarai straniero, anche se non mancano gli italiani che hanno cominciato a lavorare come braccianti a seguito della chiusura delle fabbriche all’apice della crisi economica. Se sei nord o centro africano farai la raccolta in Sicilia, in Campania, oppure in Calabria, dove sarai affiancato dai lavoratori dell’Est Europa, attivissimi in Puglia e poi in tutto il Nord Italia, area dove sono colleghi anche di bengalesi, pakistani e indiani, questi ultimi a loro volta estremamente presenti nel Centro Italia.
Non da ultimo, spesso vivrai in un ghetto, non stagionalmente, ma per anni, e non avrai via d’uscita. Come altri, potrai morire, di fatica o, come è successo specialmente in Puglia, tra quattro lamiere infuocate in un ghetto che brucia.

di Giulia Montefiore

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