Il gioco d’azzardo del governo

Alla fine è arrivato il momento del braccio di ferro tra il governo italiano e l’UE. Non sui migranti né sui diritti, ma sulle cifre. L’inconciliabilità è arrivata con la presentazione della Nota di aggiornamento al Def, con cui l’esecutivo italiano viene fuori e gioca a carte scoperte. Un gioco che, a giudicare dalla reazione, i mercati hanno gradito poco. Anche le reazioni dall’Europa non si sono fatte attendere, fino ad arrivare alla lettera con cui la Commissione ha giudicato la bozza di manovra come una “significativa deviazione” dal sentiero fiscale e quindi “fonte di seria preoccupazione”.

La manovra. Il grosso delle cifre è concentrato nei sedici miliardi destinati a reddito di cittadinanza e riforma della legge Fornero, 9 per il primo e 7 per la seconda. Altri due miliardi andranno alla prima tranche di flat tax e il resto per misure di minore entità, tra cui la riforma dei centri per l’impiego e la costituzione del fondo per i truffati dalle banche. I dettagli ancora non si conoscono e saranno definiti solo con la Legge di bilancio, si sa però che il reddito di cittadinanza sarà di circa 780 euro per coloro che si trovano sotto la soglia di povertà (9.360 annuali di reddito) e che per superare la riforma Fornero si introdurrà la cosiddetta ‘quota 100’, dalla somma dell’età anagrafica (62 anni) e contributiva (minimo 38). La flat tax sarà, invece, molto diversa da come ipotizzato in campagna elettorale e di impatto limitato. Si tratta, in realtà, dell’ampliamento dei soggetti a cui verrà applicato il regime fiscale speciale con aliquota al 15%.

Luci. Da più parti sono piovute critiche sul reddito e sulle pensioni di cittadinanza proposte dal governo, considerate come una misura meramente assistenzialista. Trattasi, in realtà, di una misura non così eterodossa ma anzi già presente in molti paesi europei. Come per la flat tax, anche in questo caso il nome inganna visto che è difatti una misura di sostegno alle fasce più povere e non un vero reddito di cittadinanza. Le critiche sembrano non considerare la preoccupante crescita delle disuguaglianze. Un giudizio in merito sarà legato inevitabilmente all’efficacia della riforma dei centri dell’impiego.
Dove, però, più si sono concentrati i giudizi negativi, soprattutto dall’Europa, è sulla decisione di fissare il deficit al 2,4%, aumentandolo rispetto alle previsioni precedenti, ma comunque restando sotto il parametro UE del 3%. C’è da dire che anche in questo caso le accuse che vengono dalla Commissione sembrano esagerate. Questo non è il primo governo che ricorre all’indebitamento, né l’Italia è l’unico paese in Europa che ha un deficit così alto. Lo stesso Macron ha presentato una manovra con un forte deficit. D’altro canto, la Francia ha uno spread con i Bund tedeschi di 35 punti, il che vuol dire che può fare deficit senza sostanzialmente aumentare il debito pubblico. Positiva è anche l’intenzione annunciata dal governo Conte di puntare su un aumento degli investimenti. Una misura in questo senso è la prevista riduzione delle imposte alle imprese che reinvestono gli utili.

Ombre. Proprio la questione degli investimenti lascia molti dubbi. Al di là degli slogan, le cifre stanziate per il rilancio degli investimenti sono troppo limitate e in mancanza di questi la manovra rimane senza una visione strategica di fondo. Infatti, il governo punta su stime molto ottimistiche della crescita del PIL, soprattutto considerando la congiuntura economica negativa a livello internazionale. Per il 2019 si attesterebbe, secondo il governo, all’1,5%, mentre per tutte le altre istituzioni dovrebbe fermarsi intorno all’1%. La Nota di aggiornamento prevede però un deficit in calo per il 2020 e il 2021 (2,1% e 1,8%), in modo da venire incontro all’Europa. Ma ciò vuol dire che, se le stime di crescita saranno disattese, il governo dovrà ricorre a misure di austerità, semplicemente rimandandola di un anno.
Inoltre, la redistribuzione che si otterrebbe dal reddito di cittadinanza è zoppa. Le coperture verrebbero solo dall’indebitamento senza intaccare i redditi dei più ricchi. Anzi il condono, o ‘pace fiscale’, è un chiaro segno in direzione opposta.

Adesso la manovra dovrà essere ratificata a Bruxelles e ci si aspetta un lungo tira e molla tra governo e Commissione europea, che potrebbe bocciarla. Uno scontro che può mettere in crisi ulteriormente il già fallimentare sistema fiscale europeo. Verosimilmente il governo aspetterà le elezioni europee che, con una vittoria del fronte euroscettico, potrebbero condurre a una Commissione più conciliante. Anche se i partiti sovranisti potrebbero essere particolarmente restii alla condivisione del rischio fiscale di paesi come l’Italia, specialmente quelli del Nord Europa.

di Pierfrancesco Zinilli

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