Apologia dello sberleffo

Da che mondo è mondo, esiste lo sberleffo, cioè una smorfia, una boccaccia fatta come gesto di scherno. Può avere una valenza privata, ed allora è tipico dei bambini e dei ragazzi; in tal caso può essere tollerato, anche se non è proprio segno di buona educazione. Può avere, però, anche una valenza pubblica, nel qual caso appartiene a tutte le età. Chi non ricorda, per esempio, ‘o pernacchio, con il quale il popolino dei “quartieri” napoletani saluta il riccone spocchioso che tutti i giorni gli fa subire la sua superiorità socio-economica, immortalato nelle pagine di Marotta e reso popolare dal film di De Sica*. Quello sberleffo, sonoro e catartico, serviva a ridimensionare la boria di chi lo subiva e, nel contempo, ad incanalare verso un’espressione non violenta il risentimento popolare.
Sì, lo sberleffo ha dignità e ruolo sociale, quando è indirizzato verso i potenti: serve a ricordare la loro dimensione umana, la loro inevitabile vulnerabilità. È un modo civile di dar voce alla protesta, che costringe il potente di turno ad abbassare la testa, quando sembra che voglia alzarla troppo, dimenticando – per una sopravvalutata differenza di ruolo sociale – l’eguaglianza ontologica di tutti gli esseri umani.
La dignità dello sberleffo era ben nota agli antichi romani, che gli avevano ritagliato un ruolo ufficiale. Ogni volta che veniva tributato il trionfo a un condottiero reduce da una grande vittoria, era costume che qualcuno facesse sberleffi all’eroe, gli ricordasse i suoi difetti, lo deridesse. Ciò era considerato utile ad evitare che quel personaggio si montasse la testa, perdesse l’umiltà, che è tanto più necessaria, quanto più crescono fama e potere. Nessuno pensava di criticare o condannare lo sberleffatore di turno, la cui funzione sociale era, anzi, richiesta e rispettata.
D’altra parte, l’unica difesa dallo sberleffo è rispondere con altrettanta ironia, saperci ridere sopra: a far l’offeso, si cade nel ridicolo.
Di recente, uno sberleffo è stato postato sui media da una ragazza che si è trovata in aereo accanto all’ex ministro Salvini. Lo ha accomunato, mentre dormiva, in un selfie, ritraendosi con il medio alzato.
Come vogliamo chiamare un tal gesto se non sberleffo? Come inquadrarlo, se non nella millenaria tradizione degli sberleffi contro i potenti? È, a mio modo di vedere, un atto perdonabile: anzi, lo sberleffo dovrebbe essere tutelato quale patrimonio immateriale dell’umanità.
La reazione di Salvini è interessante. A sua volta utilizza la foto, ripostandola con questo commento: “Che bello viaggiare in compagnia di personcine educate! E poi magari vanno in piazza per combattere odio, violenza e maleducazione”.
Ma lo sberleffo non è né educato né maleducato. Se fosse “educato” non sarebbe sberleffo! Anche ‘o pernacchio è di per sé stesso maleducato, ma, in quanto sberleffo, è un atto di grande civiltà. La cosa triste è che la ragazza ha dovuto chiudere il suo profilo “social” perché sommersa da offese: e queste erano volgari offese e non sberleffi.
D’altronde, è comprensibile il fastidio di Salvini, costretto a prendere un volo di linea, non potendo più usare i voli di stato, dove non era esposto al rischio di sberleffo.
Questo essere colto in un momento di umana debolezza come il sonno, senza la protezione di una scorta pronta a togliere gli striscioni dai balconi e ad intimidire eventuali contestatori, senza il baluardo di un crocifisso o di un rosario, deve essere stato per lui piuttosto allarmante. Secondo me avrà pensato: ma vuoi vedere che così tutti si accorgono della mia mediocrità? Che rischio di fare la figura del re della nota favola, quando il ragazzino di turno si mise a gridare: “il re è nudo”?

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*L’oro di Napoli, con Eduardo che vendeva saggezza e …pernacchi

di Cesare Pirozzi

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