#Non siamo Manichini Sexy

Flash mob lavoratrici aeroportuali
Una denuncia sull’annichilimento del mondo del lavoro

Sotto lo sguardo dei viaggiatori in partenza all’aeroporto Leonardo Da Vinci di Fiumicino, l’Unione Sindacale di Base, insieme  alle lavoratrici aeroportuali, nella giornata dell’ 8 marzo, ha dato vita  ad un flash mob di teatro, musica e denuncia: #Non siamo Manichini Sexy.

La giovane attrice di teatro Vanja Martini, in sottoveste nera e manette ai polsi, ha recitato un monologo sullo sfruttamento delle donne ed un gruppo di lavoratrici, con cartelloni contro la violenza sulle donne e per la dignità del lavoro, ha rappresentato il mondo aeroportuale e le difficoltà della condizione dentro Fiumicino.

Attorniata delle lavoratrici con tamburelli e nastri colorati, la giovane cantante Virginia Casagrande ha poi eseguito “Ebano” dei Modena City Ramblers, per denunciare la violenza e lo sfruttamento subìto da troppe donne immigrate.

Una forma diversa di denuncia della condizione delle donne nell’aeroporto di Fiumicino, il polo industriale più grande e del centro sud, con un continuo aumento del traffico passeggeri e un progetto faraonico di sviluppo del sedime, un comparto ricco basato sullo sfruttamento del lavoro e sul dumping sociale, dagli operai ai lavoratori delle società’ di gestione fino a quelli del commercio e ristorazione, che vivono costantemente con lo spettro del termine delle concessioni aeroportuali, e del cambio appalti.    
Fiumicino sta diventando un grande centro commerciale, in cui i diritti sono sempre più al ribasso; una fabbrica di precarietà, in cui si sono persi oltre 10.000 i posti di lavoro e le donne sono le più colpite, perché esodate e perché madri.
Le donne sono anche le lavoratrici a minor costo, con part time obbligatori, sottoposte a continui ricatti per mantenere le proprie tutele.
Ed in questa metamorfosi continua del mondo del lavoro abbiamo assistito ad una frammentazione dei lavoratori, ad un annientamento, sotto il ricatto del lavoro in cambio di diritti, ad uno svilimento della professionalità, rappresentata dall’immagine a tutti i costi. In questa situazione è chiaro che le donne siano le più colpite, soprattutto perché rientrano nell’immaginario collettivo sessista in cui la donna, viene considerata solo se attraente, con un tempo di scadenza legato all’età anagrafica.
Quando nel 2008 le donne di Alitalia furono tra il maggior numero di licenziate, nell’immaginario collettivo una delle giustificazioni fu proprio che la hostess a 50 anni non è più adatta a rappresentare l’immagine di una compagnia prestigiosa. Non a caso la nuova compagnia Alitalia Sai ha fatto del brand di compagnia sexy la propria mission imponendo alle proprie impiegate a contatto con il pubblico il rossetto rosso.
Altre aziende aeroportuali invece richiedevano alle lavoratrici di indossare la divisa con taglie molto basse, al limite dell’anoressia.
Tuttavia, la denuncia sui manichini sexy è molto più profonda della mercificazione del corpo e del sessismo nei luoghi di lavoro, ma va in difesa sul diritto ad essere considerati per la propria professionalità, all’identità che rappresentiamo, ed  è una denuncia proprio sull’annichilimento del mondo del lavoro. Accettare le imposizioni delle aziende, l’attacco ai diritti e all’identità professionale, vuol dire rinunciare alla propria dignità.
Di fatto, la denuncia sui manichini sexy non è sull’atto unilaterale in se, ma sul dato come effetto collaterale di questo sistema sgretolato in cui i lavoratori, vengono inseriti in una catena di montaggio virtuale, senza più diritti, ne identità. In cui il dipendente diventa produttore asfittico di servizi al cliente. Un lavoratore manichino è un lavoratore a tempo e a basso costo. Una società che non è più in grado di schierarsi a favore dell’ identità lavorativa è destinata ad arretrare e a perdere pezzi di dignità.

In questa situazione bisogna riconoscere che le donne sono le più coraggiose, non solo perché solo le prime a subire l’attacco ai diritti, ma perché nella loro strada di combattenti c’è il concetto profondo di avanzamento e determinazione.

Se le aziende ci vogliono solo belle, taglia 38, sexy, con il rossetto rosso obbligatorio, ci avranno determinate e pronte a lottare per i nostri diritti.  E se ci discriminano perché madri, noi lotteremo ancora di più per difendere i nostri figli e il loro futuro.

di Susy Ciolella

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