Il gigante buono

imageedit_2_9012637272Poco più di trentasei anni fa veniva ucciso, per mano della camorra, il “dottore dei poveri”, Domenico Beneventano: 32 anni, medico e consigliere comunale del Partito Comunista, si era opposto alla speculazione edilizia perpetrata dai clan che attanagliavano, ieri come oggi, la sua amata terra.

Era il 7 novembre 1980.

Secondo la migliore tradizione campana, era noto a tutti come “Mimmo”, quel ragazzone di origini lucane, nato a Petina nel 1948, un figlio del dopoguerra tirato su durante il miracolo economico italiano di cui portava i migliori segni addosso.

Approda ad Ottaviano nel 1964 e qui inizia a frequentare la parrocchia e si laurea in Medicina e Chirurgia: presto diventa il medico di base nel paese, ma oltre qualsiasi etichetta istituzionale, lui era il “medico di tutti”, di quelli vecchio stampo, con le porte sempre aperte, a disposizione di chiunque, meglio se ultimi.

Domenico, nella sua stazza possente, nella bontà degli onesti, è fonte di tranquillità e rassicurazione in quel microcosmo malato, per quella gente sotto assedio da secoli.

Ma la camorra agisce così e come un parassita uccide i fiori più belli, a cui non è riservato un posto nel loro giardino.

Al di là del lavoro, questo gigante buono ha tre grandi passioni: la musica, la poesia e sopra ogni cosa, la politica. Nel 1975 si candida per il comune di Ottaviano e viene eletto come consigliere comunale del PCI, carica riconfermata nel 1980. Come l’impegno politico di Mimmo si lega a doppio filo con un coinvolgimento nel civile, allo stesso modo non è possibile comprendere quanto accaduto se non inseriamo Domenico in un contesto ben preciso: l’Italia in cui cresce il ragazzo è si quella del “boom”, ma è anche quella della “speculazione edilizia”, fatta di tangenti a politici e poteri criminali, raccontata al meglio da Francesco Rosi in Le mani sulla città. L’Italia in cui si afferma politicamente Beneventano è quella della “Nuova Camorra Organizzata”, che vede in Raffaele Cutolo il suo leader e proprio in Ottaviano, la sua roccaforte.

La camorra degli anni ’80 vive di contrabbando e commercio di droga e vede in Cutolo una delle figure più di spicco: tuttavia, dopo una sanguinosa guerra, “O’ Professore”, verrà soppiantato dalla “Nuova Famiglia”, composta dai Nuvoletta e Bardellino, quest’ultimi affiliati a Cosa Nostra.

Inizialmente la speculazione, vecchia ma tutt’altro che debole, si intrecciò con l’evoluzione camorristica di cui Cutolo si rese principale interprete.

Come legare questo cortocircuito criminale a Beneventano?

Domenico, politicamente parlando, si spendeva molto per la difesa del territorio, il suo: in particolar modo, si oppose alle speculazioni che stavano attanagliando il Parco del Vesuvio, tra le aree più belle d’Italia e della Campania.

Questo oltraggio perpetuato da Mimmo fa si che una mattina la sua Simca 1000 incroci, tutt’altro che casualmente ,una 128 blu elettrico, rubata ad Angri: Domenico è appena sceso in strada da quella casa in periferia che condivide con i genitori, sta andando in ospedale a Napoli dove collabora come chirurgo, quando una raffica di colpi mette fine alla sua vita, alla sua protesta.

La storia ci insegna che questa non sarà l’ultima volta che un figlio verrà ucciso sotto casa, sotto gli occhi, di una madre.

Neanche tre settimane dopo la morte di Domenico anche la terra ha voluto esprimere il suo sconcerto: una scossa di 90 secondi ha raso al suolo l’Irpinia, il 23 novembre 1980. La camorra ha saputo trarre una crescita esponenziale anche da questo terribile sussulto.

Nessuno ha mai pagato per l’omicidio di Domenico Beneventano, oggi sepolto a Sasso di Castalda, in provincia di Potenza: ad Ottaviano è sorta la solita fondazione “post mortem”. Utilizzo il cinico aggettivo “solita”, non nei confronti di quanti, immagino faticosamente, sostengono questa associazione,ma perché nel Bel Paese deve cessare l’endemica legge non scritta per cui la commemorazione vince sempre sulla giustizia.

Nonostante tutto certi semi danno sempre dei buoni frutti: a seguito della morte di Domenico Beneventano, si originarono molti movimenti di protesta, soprattutto da parte di giovani studenti. L’opposizione attiva alla camorra è stata una costante nella politica anni ’80 e ’90.

Io lotto e mi ribello…

nessuno lasci il suo posto,

per ascoltare il mio canto del cigno

a nessuno voglio sottrarre tempo.

Fate solo un cenno con gli occhi.

Mi sentirò più forte e non soltanto illuso.

(Domenico Beneventano)

di Irene Tinero

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