La tortura dei Gigli d’oro. Una crudele moda del passato riservata alle donne.

Le donne avanzavano con un’andatura oscillante, con passi attenti e corti. I piccoli piedi calzavano deliziose scarpe a punta, colorate, finemente ricamate. Erano i piedi di una bambola. Amati dagli uomini, considerati un simbolo erotico importante, accettati dalle donne per la possibilità, soprattutto per quelle meno ricche, di poter sperare in un matrimonio con un uomo benestante. Li chiamavano Gigli d’oro o Loti d’oro. Erano piedi terribilmente deformati.

Per arrivare al risultato le donne, in Cina, dovevano attraversare un percorso fatto di torture quotidiane. Guardate i vostri piedi, pensate di ridurli a delle dimensioni tra i 7 e i 12 centimetri, piegando le dita, torcendole per portarle sotto i piedi, spezzandole. E pensate alla sofferenza, al dolore di ogni successivo passo. Eppure questa sorte era riservata alle bambine del tempo, in età variabile, perché questa deformazione le avrebbe rese più interessanti agli occhi degli uomini.
E se la leggenda narra che fu una concubina a ricorrere a questo stratagemma per sedurre l’imperatore, furono donne vere a subire le conseguenze di una moda crudele.
Il senso di tutto questo? Compiacere e piacere, sedurre e, nella deformità indotta con sofferenza e senza requie (i rischi erano anche di cancrena), risultare vincenti e socialmente accettate e ammirate.
Oggi ci impressionano o incuriosiscono le immagini di questi piedini deformi, di queste donne che mostrano la strana appendice che ha sostituito il piede che normalmente avrebbero avuto.
Eppure ancora oggi, se ci si ferma a riflettere, tante persone, molte donne, ricorrono ad interventi per migliorare il proprio aspetto, sempre scontente dell’immagine che vedono riflessa allo specchio, che, secondo loro, non risponde ai canoni di bellezza attualmente di moda.
Alla ricerca di un seno attraente, di sederi perfetti, di pelle senza cellulite, di occhi più grandi o di volti senza rughe, la tentazione di sottoporsi ad un intervento per poter piacere, sedurre, essere accettate nella collettività, primeggiare, fa sottoporre tante donne, troppe, a costose operazioni e a sofferenze che, dalle stesse donne, non sono ritenute superflue.
Si insegue un nuovo modello erotico, un nuovo ideale di perfezione, che è rappresentato dal seno perfetto o dal sedere antigravitazionale, da un corpo senza un filo di grasso … senza differenziarsi in nulla, nella concezione di sé e del proprio corpo, dalla pratica orrenda del Giglio d’oro.
Lo stupore che accompagna la vista dei piccoli piedi e delle scarpette che li contenevano è pari a quella che si prova guardando i corpetti che serravano la vita, in una morsa che toglieva il fiato, delle donne europee nei secoli trascorsi. Strumenti di tortura anch’essi nati per sedurre, per piacere.
E non sono i soli. E non sono gli unici. E ancora oggi in fondo nella nostra collettività si tende a creare modelli di bellezza che con sé portano, come accettata, l’idea della sofferenza. E’ a volte nel gioco di moda che, tra tacchi vertiginosi e diete anoressizzanti, si ritrova quell’eterna idea di donna solo oggetto di desiderio, in eterna competizione con il restante mondo femminile per vincere in attrazione. E forse troppo poco è cambiato nell’atteggiamento mentale che porta a giustificare mutilazioni e sofferenze per “belle apparire”.

di Patrizia Vindigni

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