Polonia: al via il processo per tre attiviste accusate di aver offeso i sentimenti religiosi

Il rispetto dei diritti civili in Polonia è ormai una pallina che rotola in discesa, scaraventata in basso dal potere e destinata a schiantarsi contro il muro della magistratura. Molte sono le manifestazioni di piazza, le attestazioni di solidarietà da parte dei Paesi esteri e le attività poste in essere dalle organizzazioni per tentare di porre un freno a questa deriva. Altrettanti sono gli episodi che confermano e rafforzano la preoccupante tendenza a silenziare ogni forma di dissenso. Tra questi l’avvio del processo a carico di tre attiviste cinquantenni, Elzbieta, Anna, Joanna, accusate di aver violato l’art. 196 del codice penale in quanto, secondo i giudici, avrebbero: “insultato pubblicamente un oggetto di culto religioso mediante una raffigurazione che ha offeso i sentimenti religiosi di altre persone”.

L’offesa, la presunta profanazione religiosa, sarebbe contenuta nei volantini e nei poster che le tre attiviste hanno affisso nella cittadina di Plock, raffiguranti la Madonna nera di Czwstochowa con una aureola che conteneva i colori della bandiera arcobaleno, simbolo della comunità lgbt, ma di anche tutte le possibilità di scelta che stanno tra due estremità.

La polizia, nel maggio del 2019, dopo aver fatto irruzione nella casa di Elzbieta le ha sequestrato  i volantini rinvenuti in casa, il computer, il cellulare e ha trattenuto la donna in custodia per alcune ore. Le autorità governative si sono immediatamente congratulate per l’ottimo lavoro svolto dagli agenti.  Già nel 2018 Elzbieta era stata picchiata  durante la Marcia per l’indipendenza e multata per avervi partecipato.

A luglio 2020 tutte e tre le attiviste, da sempre impegnate per la giustizia e l’uguaglianza sono state incriminate, il 13 gennaio 2021 è iniziato il processo a loro carico e ora rischiano due anni di carcere.

In loro favore si sono mosse sei associazioni tra cui Amnesty international che, difendendo la libertà di espressione e non rinvenendo nessun atto lesivo configurante reato nell’immagine esposta, hanno chiesto lo stralcio dell’accusa. Oltre 14000 persone hanno aderito alla campagna per chiedere l’annullamento delle accuse, mentre il Ministro degli Interni polacco continua a definire l’immagine:“una barbarie culturale”.

L’icona della Madonna nera è una delle più venerate del Paese, il dipinto originale è conservato nel monastero di Jasna Gora, nella Polonia meridionale. Ma se l’aureola, come attributo necessario dell’arte sacra e così come interpretata dalle attiviste, fosse da considerare offesa religiosa anziché libera espressione artistica allora cosa dovremmo pensare di Michelangelo e della Cappella Sistina dove il pittore non inserì neanche un’aureola o nimbo, o cosa pensare di Leonardo e de L’ultima cena  dove, anche qui, nessuno è rappresentato con l’aureola, o ancora dello stesso Leonardo che fu costretto dai frati a firmare un apposito contratto in cui si impegnava a dipingere l’aureola a tutti i personaggi ritratti nel dipinto della Vergine delle Rocce?

Forse dovremmo pensare che la paura più grande non sia l’aureola presente o assente, dorata o arcobaleno, ma chiunque,  in carne e ossa,  si impegni e porti avanti la lotta contro ogni discriminazione e disuguaglianza.

di Nicoletta Iommi

 

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