Tante zucche, tante opinioni, tante guerre, tante ingiustizie, un solo vincitore: i ricchi padroni del nostro futuro

E pensare che basterebbe sentir suonare una canzone per ritrovarsi a cantare insieme, a sdrammatizzare, a condividere.” (Francesco Guccini) 

Ho sempre pensato che ogni uomo fosse una entità unica ed irripetibile e che ognuno di noi, oltre naturalmente i momenti della nascita e della morte, dei quali non può serbare alcun ricordo, conservi nella memoria volti, situazioni e fatti che ovviamente non corrispondono al suo reale vissuto, ma sono soltanto l’esternalizzazione di un ricordo e del modo in cui si ricorda e, perché no?, anche del nostro modo di raccontare quel ricordo.  Ed è in questo straordinario intreccio tra l’unicità dell’essere umano e la sua pur sempre uguaglianza con gli altri che risiede la contrapposizione dettata da interessi filosofici, culturali, sociali, economici, religiosi e di preteso potere egemonico. Insomma, come scrisse Terenzio: “Tanti sono gli uomini, tante sono le opinioni: ognuno ha il suo modo di pensare e di vivere”.

Il rispetto dei diversi ed altrui modi di pensiero e di vita altro non è che la tutela di uno dei beni più preziosi del nostro essere parte della comunità in cui viviamo, così mirabilmente sancito dalla nostra Costituzione: la libertà. Ma esiste in assoluto quella libertà totale, senza limiti, quella facoltà di essere, ad un tempo, liberi tra uguali e tra altri esseri, che invece la pensano diversamente da noi e dalla stragrande maggioranza dei nostri contemporanei, che condividono il nostro pensiero o che invece sostengono idee diverse? Credo proprio che ciò non sia possibile e, se vogliamo darci delle regole di vita che ci impongano sì il rispetto non solo verso gli altri, ma anche verso la nostra storia vissuta, la nostra memoria ed i valori umani incarnati nelle memorie e nei simboli collettivi, dobbiamo necessariamente riconoscerci ed immedesimarci negli ideali che hanno plasmato il nostro modo di essere e di pensare. Insomma, non solo dobbiamo ancorare il nostro essere uomini alle libertà individuali, che vanno assolutamente rispettate, sia pure ponendo alle stesse il limite invalicabile di non ledere gli interessi collettivi, ma dobbiamo darci delle regole, una struttura sociale ed una architettura costituzionale che sappiano garantire un democratico sistema di redistribuzione del reddito, che facciano avanzare il valore della necessità di una effettiva libertà dei singoli Stati e sappiano indicarci la strada che guida verso la sconfitta di pretese egemoniche ed imperialiste e la definitiva messa al bando della guerra quale metodo di dirimere le controversie. Imprescindibile sarà l’applicazione in modo generalizzato di tali principi e metodi e non, come sempre avviene, utilizzando due pesi e due misure, estendendoli o riducendoli in relazione alla superpotenza che ci impone di considerare quella guerra come giusta.

L’art. 11 della nostra magnifica Costituzione stabilisce che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Ecco perché i veri amanti della Pace si ostinano a definire una ridicola tautologia il leit motiv ostentato dall’Italia e dalla Unione Europea in base al quale fornire armi significa lavorare per la cessazione del conflitto in Ucraina. Continuare su quella strada significa solo voler proporre il governo italiano ed il parlamento europeo (che pure avrebbe ben altre emergenze di natura etica, morale e di doverosa e purtroppo mancata onestà) quali sponsor dell’idiozia.

Così come, per progredire sulla strada del raggiungimento di quel tanto declamato e purtroppo mai attuato sistema di una effettiva redistribuzione del reddito, bisognerebbe che la cultura, la scuola, la politica, l’informazione e la religione prendessero finalmente atto, al di fuori delle veline del potere o degli interessi di chi detta le agende di vita dell’Occidente, che dalle nostre parti, intera Europa inclusa, non esiste assolutamente una società meritocratica! Anzi! Joseph Stiglitz, statunitense, premio Nobel per l’economia 2001 ha affermato che il 90% di quelli che nascono poveri muoiono poveri, per quanto intelligenti e laboriosi possano essere, e il 90% di quelli che nascono ricchi muoiono ricchi, per quanto idioti o fannulloni possano essere. Da ciò si deduce che il merito conta ben poco.

Ed allora? Nessuna effettiva meritocrazia che aiuti i più intelligenti ed i più capaci ad avanzare nelle attuali scale sociali ma solo un inverecondo passaggio di potere da ricco a ricco, da potente a potente, da ricco idiota a ricco idiota, al massimo con qualche oscena cooptazione nelle superiori stanze a favore dei rampolli degli attuali abitanti le stanze del potere e che, pur essendo idioti o fannulloni, hanno dato prova di servile accondiscendenza.

Guardandoci attorno abbiamo avuto modo di vedere che la gestione del potere non è più finalizzata all’elevazione economica e sociale dei disagiati ma solo a garantire il perpetuarsi della gestione economica e sociale del futuro e che tale gestione resta appannaggio delle classi dominanti. Così è, così è stato per una larga metà del secolo scorso, con una inversione di tendenza durante una quindicina di anni di fantasia al potere, e così è ancora dalla fine degli anni ’80 in poi. E, spiace doverlo sottolineare, il democratico Occidente ha continuato a perpetuare i suoi valori bombardando ogni popolo non obbediente.

Sarebbe auspicabile una opportuna discussione che consenta un doveroso scambio di opinioni, sempre se otterrete il permesso!

Pietro Lucidi