Il ponte di Messina: un salto nel buio?

Con la recente approvazione, e successiva conversione in legge, di un decreto voluto dal ministro delle Infrastrutture Salvini, è stata “riesumata” la società Stretto di Messina (da un decennio in via di liquidazione) con la quale è stata quindi riattivata la concessione al fine di realizzare, per mezzo di un contraente generale (l’associazione di imprese Eurolink, capeggiata dall’italiana Webuild), il ponte che collegherà la Sicilia con la Calabria. L’iter amministrativo riparte dal progetto definitivo del 2011, che deve essere integrato ed aggiornato, con la previsione di approvare il progetto esecutivo entro il 31 luglio 2024 e di iniziare i lavori entro lo stesso anno.

Com’è naturale, si riaccendono le discussioni, tra i fautori e gli oppositori dell’opera, su molteplici aspetti quali: l’utilità anche dal punto di vista sociale, la priorità rispetto ad altri interventi necessari, la convenienza economica (costi eccessivi), l’impatto sull’ambiente (terrestre e marino), sulle specie viventi e sul paesaggio, l’elevata sismicità dell’area, le difficoltà geologiche (faglie, movimenti tettonici) e vari altri, per non parlare del problema della mafia che è – purtroppo! – il primo che viene in mente a molti.

Nel presente articolo non mi occuperò di queste complesse e controverse questioni – che sono certamente fondamentali – ma mi limiterò a trattare alcuni aspetti tecnici, di importanza tutt’altro che secondaria, dei quali si è sentito parlare assai poco, almeno al di fuori di una ristretta cerchia di “addetti al lavori”.

Prima di entrare in argomento, credo sia utile un sintetico riepilogo della lunga e tormentata vicenda che ha condotto alla definizione del progetto nella forma attuale.

A seguito della costituzione, nel 1981, della società “Stretto di Messina S.p.A.” e della convenzione da questa stipulata con ANAS e Ferrovie dello Stato, furono svolti gli studi di fattibilità per l’attraversamento stabile dello Stretto, nei quali si presero in considerazione tre possibili alternative: galleria al di sotto del fondo marino, galleria immersa ancorata al fondale e struttura aerea (ponte a una o più campate).

Dopo che le diverse soluzioni proposte furono esaminate da varie commissioni, fu ritenuto fattibile soltanto il ponte; la società Stretto di Messina presentò quindi nel 1990 due progetti di massima preliminari che prevedevano l’uno un ponte sospeso a campata unica con pile in terraferma, l’altro un ponte sospeso a due campate con una pila centrale in mare. Alla fine, sentito il parere di vari consulenti, si giunse alla conclusione che la pila in mare non fosse tecnicamente realizzabile.

Nel 1992 fu redatto, perciò, il progetto di massima del ponte a campata unica, che fu poi approvato dal Consiglio Superiore dei lavori pubblici nel 1997.

Negli anni successivi fu elaborato il progetto preliminare, che costituiva l’aggiornamento del precedente, e che fu approvato dal CIPE nel 2003, dopo il rilascio dei necessari pareri favorevoli da parte dei vari Organi competenti (incluso il parere di compatibilità ambientale).

Sulla base di questo progetto, fu indetta una gara d’appalto, vinta nel 2005 dall’associazione temporanea di imprese Eurolink, con la quale, come contraente generale, fu stipulato il contratto per la progettazione definitiva ed esecutiva e la costruzione dell’opera.

Si arrivò, infine, al progetto definitivo, redatto da Eurolink, approvato nel 2011 dalla società Stretto di Messina e sottoposto ad un ulteriore esame da parte della Commissione VIA (Verifica Impatto Ambientale) che però espresse una valutazione di compatibilità ambientale solo parziale.

Questo lungo iter fu interrotto nel 2012, quando, a seguito di una nuova verifica della sostenibilità economica e finanziaria dell’opera, il Governo decretò la “caducazione” della Convenzione di concessione con la società Stretto di Messina e dei contratti connessi, incluso quello stipulato con il contraente generale Eurolink.

La soluzione strutturale definitiva, rimasta sostanzialmente invariata dal progetto di massima del 1992, prevede un ponte sospeso a campata unica, con pile in terraferma dell’altezza di 399 m e luce (cioè lunghezza della campata tra le due pile) di 3.300 m. L’impalcato, largo circa 60 m, ha un profilo aerodinamico a “triplo box” (costituito cioè da tre cassoni metallici longitudinali collegati tra loro da cassoni trasversali ad interasse di 30 m) ed alloggia sei corsie stradali ai lati (due più una di emergenza per ciascun senso di marcia) e due binari ferroviari al centro. Tutti i carichi sono sostenuti da due coppie di cavi portanti in acciaio del diametro di 1,26 m, disposti a catenaria tra le sommità delle pile, ai quali l’impalcato è sospeso mediante una serie di numerosi cavi verticali (“pendini”) vincolati alle estremità dei cassoni trasversali.

Ciò detto, torniamo all’argomento di questo articolo, per il quale ho tratto spunto dal libro La ricerca non ha fine – Il ponte sullo Stretto di Messina (edizioni Dei, 2008) scritto dall’ing. Remo Calzona, già professore ordinario presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza di Roma (con lui sostenni, molti anni fa, l’esame di Tecnica delle costruzioni). L’autore è stato componente di varie commissioni tecnico-scientifiche (presso l’ANAS, il Consiglio Superiore dei lavori pubblici e il CIPE) che si sono occupate del ponte, nonché coordinatore del Comitato scientifico presso la società Stretto di Messina; non si può quindi negare che abbia non solo un’elevata competenza, ma anche una conoscenza approfondita del progetto. Nella sua pubblicazione, il prof. Calzona esprime forti dubbi – ben motivati scientificamente – non solo sulla validità della soluzione progettuale approvata, ma anche sulla realizzabilità dell’opera, almeno con i materiali e le tecnologie oggi disponibili.

A scanso di equivoci, è bene precisare che il professore è tutt’altro che contrario alla costruzione di un ponte sullo Stretto, tant’è vero che propone contestualmente una soluzione alternativa, a tre campate con due piloni in mare e luce massima di 2.000 m, che ritiene meno impattante, più sicura e più economica. Una soluzione del genere – scrive Calzona – non fu mai presa in considerazione dalla società Stretto di Messina, sebbene ciò fosse stato chiesto dalla commissione ANAS già nel 1987. Fu invece scelto lo schema progettuale a campata unica, definito a priori l’unico possibile e mai più messo in discussione. Faccio notare, per inciso, che lo schema a tre campate è quello più frequentemente adottato per i ponti moderni, anche perché ha un sistema di sospensione più equilibrato.

Questa posizione, benché minoritaria, non è del tutto isolata: vi sono altri, ingegneri o esperti dotati di competenze specifiche, che esprimono perplessità analoghe in merito alla scelta progettuale. Tra questi, si può citare il Gruppo di lavoro costituito presso il Ministero delle infrastrutture con il compito di valutare le soluzioni alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Nelle conclusioni della relazione datata 30 aprile 2021 – pur non escludendo la possibilità di confermare il progetto esistente, previo suo aggiornamento ed adeguamento alle nuove normative – il Gruppo di lavoro “ritiene che la soluzione aerea a più campate sia potenzialmente più conveniente di quella a campata unica”.

Partendo dunque – come dicevo – dal contenuto del libro e utilizzando anche altri dati e informazioni più recenti, ho elaborato alcune considerazioni tecniche che cercherò di esporre in maniera accessibile anche ai non specialisti.

La prima cosa che si nota, guardando i più importanti ponti sospesi esistenti o in costruzione, è che la campata del ponte di Messina è di dimensioni assolutamente eccezionali, poiché supera di molto in lunghezza tutte quelle oggi esistenti o in costruzione. Come si può vedere nella tabella in appendice, le campate più lunghe mai realizzate sono quelle dei ponti Canakkale in Turchia e Akashi Kaikyo in Giappone, entrambe vicine ai 2.000 m, mentre tutti gli altri ponti costruiti negli ultimi decenni hanno luci massime comprese tra 1.400 e 1.700 m. Una campata di 3.300 m rappresenta un salto notevolissimo, fatto che di per sé può far sorgere il timore di entrare in un terreno inesplorato. Occorre infatti considerare che in fisica vi è un “effetto scala” (dimostrato già da Galileo) per cui, al crescere delle dimensioni di un elemento strutturale, a parità di materiale, la sua capacità portante diminuisce. Esiste quindi una dimensione limite, superata la quale una struttura non è più in grado di sostenere nemmeno il proprio peso. Da questo deriva – come si comprende facilmente – che la lunghezza dei cavi portanti di un ponte sospeso non può essere aumentata indefinitamente, per quanto se ne aumenti il diametro o il numero. Nel nostro caso, per inciso, si nota che il peso dei soli cavi principali costituisce il 55% del peso totale della struttura e che la loro capacità portante è impegnata fino al 78% dai carichi permanenti, cioè dal peso complessivo del ponte; rimane quindi il 22% di tale capacità per sopportare tutti gli altri carichi. Si potrebbe perciò dire che il ponte regge – quasi – soltanto se stesso.

Beninteso, con ciò non voglio affermare che il ponte di Messina non sia in grado di stare in piedi, dato che i calcoli di stabilità sono stati verificati da numerosi esperti che io non posso certo permettermi di contraddire; credo però che, considerate anche le incertezze derivanti dalla mancanza di consolidate esperienze su opere paragonabili, potrebbe sorgere qualche perplessità sul reale livello di sicurezza della struttura.

Occorre inoltre, per completare il discorso, tener conto di un aspetto particolarmente critico (da sempre ben noto agli ingegneri) che governa la progettazione dei ponti sospesi: il transito dei treni. Detto in parole povere, un ponte sospeso, essendo per sua natura alquanto flessibile e deformabile, viene tradizionalmente ritenuto poco adatto a sostenere una linea ferroviaria, per la quale si richiedono requisiti (di pendenza, di stabilità, di deformazioni, di accelerazioni ed altri) molto più restrittivi rispetto a quelli richiesti per il traffico stradale. Ciò non significa che il transito dei treni sia impossibile in assoluto, ma che esso può avvenire – come in effetti è avvenuto – in un numero limitato di casi e a determinate condizioni.

Per maggior chiarezza, conviene fare ancora riferimento alla tabella in appendice, nella quale sono elencati i ponti di grande luce esistenti o in costruzione: si vede che sono pochissimi (evidenziati in grassetto) quelli destinati sia al traffico stradale sia a quello ferroviario.

Tra questi, il primo di grande rilevanza è il ponte Tsing Ma a Hong Kong (entrato in servizio nel 1977) che, con la sua campata centrale di 1.337 m, ha sfatato – per così dire – il vecchio pregiudizio che i ponti sospesi non possano portare i treni. L’impalcato, piuttosto rigido, comprende due livelli sovrapposti, il superiore dei quali ospita le carreggiate stradali e l’inferiore la sede ferroviaria. Quest’ultima, che si trova all’interno della struttura, è protetta da carenature che hanno la funzione sia di migliorare il comportamento aerodinamico della struttura stessa, sia di evitare che i treni siano investiti direttamente dal vento.

Vi sono poi – se non erro – soltanto altri due ponti di grande luce percorribili dal traffico sia stradale che ferroviario. Essi sono il ponte Yavuz Sultan Selim (terzo ponte sul Bosforo, in funzione dal 2016) con luce di 1.408 m, e il ponte Xihoumen Railroad in Cina (attualmente in costruzione) con luce di 1.488 m.

Rileviamo però che in entrambi i casi è stata adottata una soluzione costruttiva particolare, definita “ibrida”, nella quale l’impalcato è sorretto al contempo sia da cavi disposti a catenaria e pendini (come in un ponte sospeso vero e proprio) sia da tiranti ancorati alle sommità delle torri (come in un ponte “strallato”). Questi tiranti – detti “stralli” come quelli che sostengono gli alberi delle imbarcazioni a vela – hanno la funzione di irrigidire la struttura, riducendone fortemente le deformazioni, in modo da rendere possibile il transito dei treni.

Dobbiamo ricordare che per il ponte di Messina, invece, non è stato previsto alcun accorgimento atto a migliorare la stabilità dell’impalcato, particolarmente sottile e flessibile.

In proposito, è degno di nota il caso del ponte Akashi Kaikyo, la cui campata centrale di 1.1991 m è stata la più lunga al mondo fino al 2022, era stato progettato in origine anche per il transito ferroviario, ma fu poi destinato (non si sa bene per qual motivo) al solo traffico stradale. Tra l’altro, il suo impalcato è costituito da una travatura reticolare piuttosto alta e rigida, relativamente poco deformabile.

Sempre sul rapporto tra i ponti sospesi e i treni, vorrei citare un ultimo esempio che ritengo emblematico: lo Storebaelt, cioè l’importante collegamento, della lunghezza complessiva di 18 km, tra due isole danesi (su una delle quali sorge la capitale Copenaghen). Esso comprende, nel tratto orientale, un ponte sospeso lungo 1.624 m, all’epoca (1998) il secondo al mondo per luce. È interessante notare che, dopo lunghi dibattiti sulla possibilità che il suddetto ponte (peraltro lungo meno della metà di quello di Messina) potesse sostenere sia le corsie stradali sia i binari, fu deciso di destinarlo al solo traffico stradale e di costruire in parallelo una galleria subalvea, lunga circa 8 km, che ospita la linea ferroviaria. Forse i danesi non furono abbastanza coraggiosi… non saprei dire.

Riepilogando quanto detto finora, rilevo che – sebbene nei vari decenni ormai trascorsi dall’inizio degli studi sul ponte di Messina siano stati compiuti notevoli progressi nelle conoscenze scientifiche

e nelle tecniche costruttive – nessuno ha mai pensato di realizzare un’opera paragonabile per lunghezza di campata; la tendenza è stata, invece, di un aumento delle luci piuttosto graduale, senza discontinuità particolarmente rimarchevoli. Inoltre, per attraversamenti molto lunghi, sono state di norma preferite soluzioni a campate multiple sostenute da pile costruite in mare o in alveo (anche grazie al miglioramento delle tecnologie per la costruzione di piattaforme petrolifere o di parchi eolici off-shore con fondazioni subacquee).

In particolare, considerando tutti i ponti riportati nella tabella, vediamo che le luci massime sono aumentate – nell’arco di oltre mezzo secolo – dai 1.298 m del Verrazzano (1964) ai 2.023 m del Canakkale (2022): registriamo quindi un incremento del 56%, certamente considerevole ma non proprio smisurato.

Se vogliamo istituire un confronto omogeneo, però, dobbiamo prendere in considerazione soltanto i ponti che sostengono anche linee ferroviarie (soltanto tre su quindici). Per questi, constatiamo che l’aumento delle luci (dai 1.377 m del ponte Tsing Ma ai 1.488 m del ponte Xihoumen, oggi in costruzione) è stato solo dell’8%. L’esiguità di questa cifra potrebbe, forse, indicare che ci si stia approssimando ad un limite dimensionale difficilmente superabile? In ogni modo, il confronto con l’ulteriore incremento che si prevede per il ponte di Messina (addirittura del 123%, cioè ben oltre il raddoppio) appare piuttosto sconcertante.

In presenza di un salto così macroscopico, per le ragioni che ho cercato di spiegare, mi sembra lecito nutrire qualche dubbio sulla validità di una soluzione progettuale piuttosto datata (essendo stata concepita vari decenni or sono) ma sempre “pervicacemente” confermata, nelle sue linee fondamentali, fino ad oggi. 

Adolfo Pirozzi

 

P. S. – Vi è poi un ultimo aspetto critico, non meno importante: l’azione del vento, che per i ponti sospesi è ritenuta più pericolosa di quella sismica. Non si ha infatti notizia di danni provocati da terremoti anche di notevole entità, mentre è noto il caso del ponte di Tacoma negli U.S.A., crollato nel 1940, alcuni mesi dopo la sua inaugurazione, a causa di un vento non particolarmente violento. La materia è estremamente complessa e richiede elevate competenze specialistiche. Al riguardo, nel libro del prof. Calzona sono contenute alcune considerazioni, dalle quali emerge l’opportunità di approfondire gli studi aerodinamici ed aeroelastici per garantire in modo più sicuro la stabilità e la percorribilità del ponte. L’argomento meriterebbe comunque una trattazione a parte.

APPENDICE

Nella seguente tabella sono elencati, in ordine decrescente di luce, i più lunghi ponti sospesi esistenti o in costruzione, messi a confronto con il ponte di Messina (sono evidenziati in grassetto quelli destinati anche al traffico ferroviario)

 

PONTE

NAZIONE

Anno di entrata in esercizio

LUCE (m)

TIPO DI TRAFFICO

TIPO DI IMPALCATO

NOTE

Stretto di Messina

Italia

In progetto

3.300

Stradale e Ferroviario

Aerodinamico (triplo box)

 

Canakkale

Turchia

2022

2.023

Stradale

Aerodinamico (doppio box)

 

Akashi Kaikyo

Giappone

1998

1.991

Stradale

Travatura rigida

 

Yangsigang

Cina

2019

1.700

Stradale

Travatura rigida

 

Nansha

Cina

2019

1.688

Stradale

Aerodinamico (box singolo)

 

Xihoumen

Cina

2009

1.650

Stradale

Aerodinamico (doppio box)

 

Storebaelt East

Danimarca

1998

1.624

Stradale

Aerodinamico (box singolo)

 

Osman Gazi

Turchia

2016

1.550

Stradale

Aerodinamico (box singolo)

 

Yi Sun-sin

Sud Corea

2012

1.545

Stradale

Aerodinamico (doppio box)

 

Runyang

Cina

2005

1.490

Stradale

Aerodinamico (box singolo)

 

Xihoumen Railroad

Cina

In costruz.

1.488

Stradale e Ferroviario

Aerodinamico (triplo box)

Struttura ibrida

Nanjing 4° Yangtse

 

2012

1.418

Stradale

Aerodinamico (box singolo)

 

Humber

UK

1981

1.410

Stradale

Aerodinamico (box singolo)

 

Yavuz Sultan Selim

Turchia

2016

1.408

Stradale e Ferroviario

Aerodinamico (box singolo)

Struttura ibrida

Tsing Ma

Cina

(Hong Kong)

1977

1.377

Stradale e Ferroviario

Aerodinamico (box singolo)

 

G. da Verrazzano

U.S.A.

1964

1.298

Stradale

Travatura rigida

 

 

 

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