Je suis Iskanderiyah

Lamberto

Doveva essere un giorno di festa a Iskanderiyah, cittadina a 50 km a sud di Baghdad. Nel piccolo stadio era da poco terminato un torneo di calcio amatoriale. In uno di quei campi in terra e polvere, dove l’erba non l’hanno mai nemmeno sognata.
Al momento della consegna dei premi però un kamikaze, che si scoprirà essere minorenne, piomba dagli spalti e si fa saltare in aria. Più di cento i feriti, oltre quaranta le vittime. La metà sono bambini tra i dieci e sedici anni. Accorsi alla partita per vedere più da vicino uno sport, il calcio, che sta prendendo sempre più piede in Iraq.
Struttura piena, spalti gremiti. Era l’occasione giusta per i proseliti dell’Isis, che subito ha rivendicato la paternità degli attacchi.
Iskanderiyah fa parte del “triangolo della morte”, zona a sud della capitale così ribattezzata durante l’occupazione del paese da parte delle truppe americane. Una regione profondamente spaccata tra sunniti e sciiti, palcoscenico di tremendi scontri e ripetute violenze. Ma è anche la casa della Compagnia Generale dell’Industria Meccanica, che negli anni 80 sfornava bombe e missili a medio raggio, e base dell’industria militare di tutto il paese.
Un centro nevralgico di armi e interessi politici. Colpito nella sua parte più innocente e spensierata. Durante l’esplosione Ahmed Shaker, sindaco della città, ha perso la vita. Nel video che documenta l’attentato si vede il primo cittadino che sta consegnando i premi, appoggiati su un tavolo a bordocampo. Due calciatori, forse i capitani delle squadre finaliste, sono in attesa di alzare il trofeo.
Non lo faranno mai, perché il video si interrompe con il bagliore della bomba. “Il kamikaze si è fatto strada dagli spalti fino a raggiungere il campo. Io ero a 50 metri ma l’esplosione è stata violentissima – racconta uno dei sopravvissuti – la maggior parte della folla era composta da bambini. Li ho visti distesi sul campo, alcuni morti, altri feriti”.
Anche il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha espresso il suo cordoglio per le vittime: “Sono terribilmente scioccato. È un giorno molto triste quando le persone che vanno insieme a vedere una partita diventano vittime di questa violenza. In tutto il mondo, il calcio unisce le persone”. Ed è proprio lì che l’Isis ha deciso di colpire nuovamente. Nell’unione, nel divertimento, nel tempo libero. Lo stadio come l’aeroporto e il teatro. Iskanderiyah come Bruxelles e Parigi.

di Lamberto Rinaldi

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