Brexit: l’insostenibile forza della vox populi

Angelica Basile

Gli inglesi hanno scelto, hanno votato (in massa) ed hanno detto sì al Brexit. La Gran Bretagna sarà presento fuori dall’Unione Europea, migliaia di giovani di tutto il mondo non potranno più semplicemente andare a fare qualche lavoretto a Londra; gli abitanti della City saranno extracomunitari; le pensioni e gli stipendi dei britannici subiranno una flessione di misura – a quanto dicono gli economisti.

Insomma, gli inglesi hanno scelto. Ma all’indomani del voto, un vento di protesta ha infiammato la Gran Bretagna, sono state raccolte ben 3 milioni di firme per la ripetizione del referendum, gli scozzesi e gli irlandesi minacciano di uscire dalla mitica GB (da loro il no alla Brexit ha staccato di misura il sì). Insomma, polemiche su polemiche. Legittime? Forse non poi tanto. Al di là delle personali opinioni riguardo la scelta dei british lords and ladies si è messa in discussione la veridicità della vox populi, della volontà di una popolazione che è andata a votare superando (e alla grande il tetto del 50% più 1). Ma la decisione che passa nelle urne è la base dell’istituzione demografica, inventata dai Greci, che appunto affidavano al popolo sovrano tutte (o quasi) le scelte più importanti dello Stato.

“Ma il Brexit l’hanno votato i vecchi, i giovani hanno votato per il remain”, è stato obiettato. E poi ancora “dei decrepiti conservatori hanno scelto per il futuro dei millennials”. Comunque la si voglia mettere, l’Inghilterra si è espressa e ha urlato a gran voce Leave!!, lasciamo questa Europa dove sovrana è solo la Germania, dove presto saremo inondati di immigrati, andiamo prima che sia troppo tardi. Sono stati razzisti? Sono stati dei cinici? I soliti inglesi con la puzza sotto il naso? Hanno scelto, questo basta. Cameron si è inchinato alla decisione ed ha lasciato. Inchiniamoci anche noi e riflettiamo, chiediamoci perché e iniziamo ad avere paura delle defezioni.

di Angelica Basile

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