Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, il ricordo vent’anni dopo

Nel costruire e mantenere il ricordo delle persone vittime della mafia, spesso si tende ad associare l’episodio ad un atto di particolare eroismo, specie se le persone che hanno perso la vita erano in qualche modo coinvolte nella lotta all’illegalità. Antonino Fava e Vincenzo Garofalo erano due carabinieri, uccisi nei pressi di Scilla il 18 gennaio 1994 da un commando mafioso che li ha raggiunti in autostrada.

Appartenere alle forze dell’ordine in Calabria, specialmente in certi territori, lega in qualche modo la propria passione ad un destino beffardo che a volte, di questa passione e di certi valori, non tiene conto. Antonino Fava e Vincenzo Garofalo erano perfettamente consapevoli di ciò che avrebbero potuto incontrare, durante la loro carriera. Ma di diventare eroi non avevano certo la pretesa. Credere nell’onestà e nel valore supremo incarnato dall’Arma non rende eroi, o non perlomeno nell’accezione che abitualmente si dà al termine. L’eroismo dei due carabinieri, probabilmente, risiedeva nel credere in un mondo migliore in una terra difficile che volevano difendere nella sua bellezza, per regalarla a quei figli che non hanno più potuto crescere. Un eroismo nel quotidiano, che la rabbia e la violenza di una notte invernale hanno interrotto. Fava e Garofalo percorrevano l’autostrada calabrese nel tratto tra Bagnara e Scilla, per pattugliare il percorso di cinque magistrati messinesi che quel giorno si erano recati a Palmi per interrogare il pentito Antonio Sparacio. Forse per spaventare il pentito, o forse per ricordare la propria “presenza” ad una giustizia che svolge il proprio lavoro, l’auto dei due carabinieri viene affiancata da quella dei sicari che hanno sparato una raffica di proiettili. Senza scampo, nonostante il tentativo di difesa, Fava e Garofalo morirono sul colpo.

“Una terra in cui i carabinieri hanno in tante occasioni sacrificato la loro vita per affermare la giustizia. Un momento importante, quello del ricordo, perché a tutti venga insegnato perché pensare di poter sacrificare la propria vita per garantire il cambiamento è fondamentale. Se così fosse stato, forse oggi non ci troveremmo in un luogo in cui la ‘ndrangheta comanda ancora. Non subire, ma denunciare” è il monito del magistrato De Raho in occasione della commemorazione dei due carabinieri che si è svolto pochi giorni fa.

L’eroismo di Antonino Fava e Vincenzo Garofalo che acquista un senso nel ricordo, e quindi, nell’emulazione di alcuni valori nel quotidiano.

di Giusy Patera

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