Questa Italia che invecchia.

“Non ci sono più le stagioni di una volta.”

Mesi e mesi senza una goccia d’acqua dal cielo, laghi svuotati, orti bruciati, poi d’improvviso piove a dirotto. Piove con gli arretrati, piove tanto da far esondare i fiumi, da allagare i sottopassi. E l’acqua -invocata per mesi- diventa un problema. Troppa, tutta in una volta. Troppa, ne bastava di meno.

“Piove, governo ladro”. Ma siamo in autunno e piove come deve piovere.

Piove così tanto che l’acqua riesce a infilarsi nel vano dell’ascensore della casa di riposo, mettendolo fuori uso. La casa di riposo comunale – adesso intrisa di pioggia- ospita 12 anziani, che dormono al primo piano e trascorrono la giornata al pian terreno; quasi tutti sono impossibilitati a camminare, figuriamoci a fare le scale. Salgono e scendono -non senza un aiuto- con l’ascensore, che serve a cucire il piano di sopra col piano sotto, ma anche la tavola col letto e il giorno con la notte: per gli ospiti della casa di riposo l’ascensore è un mezzo indispensabile.

Un tecnico solerte arriva, perizia, sentenzia, quindi sigilla l’ascensore. Poi si vedrà.

Intanto continua a piovere. È autunno, si sa. Si starebbe tutti volentieri in casa, ma per ovviare alla blocco dell’ascensore alla casa di riposo, si organizzano i turni tra le associazioni di volontariato: la C.R.I. , la Protezione Civile, si prestano anche gli amministratori locali. Perché servono sei persone volonterose ogni mattina (e sei persone volonterose ogni sera) che si facciano materialmente carico del problema mettendosi in spalla anziani e carrozzelle.

Ed eccoli lì, i dodici attempati ospiti della casa di riposo, poveri cristi, rimasti come “color che son sospesi”: passano da un piano all’altro sulle scale a bordo di una poltrona adatta alla bisogna, che come una gestatoria papale viene sostenuta a turno da 12 braccia. Anche le carrozzelle vuote vengono fatte passare su e giù per i gradini.

Gli anziani. Stanno seduti sull’orlo della vita ad ascoltare un’infinità di piccoli mali che scandiscono le ore. Non fanno rumore. Solo nei casi d’emergenza si fanno sentire, loro malgrado, “come quelle campane dei conventi che il clamore delle città copre tanto bene durante il giorno da far pensare che siano state messe a tacere, invece si rimettono a suonare nel silenzio della notte.”

Risolta l’emergenza vengono di nuovo accantonati, nei pensieri e nelle case di riposo, tra l’odore del brodo di dado e i piani di formica dei tavolini. Come se fossero una minoranza trascurabile. Invece il loro numero cresce a dismisura. Le residenze per anziani presenti sugli elenchi telefonici d’Italia sono ormai 6.200. Per non parlare degli anziani soli: a Roma se ne contano 600.000. I dati Istat ci dicono che l’Italia è uno dei Paesi col più alto tasso di longevità e diventerà, nel 2050, il terzo Paese con più anziani nel mondo dopo Giappone e Spagna. Invecchiare dovrebbe essere un privilegio e una meta della società. Per noi sarà una sfida enorme, che avrà sempre più incidenza su tutti gli aspetti del nostro stare al mondo, basta pensare all’incidenza del popolo over 65 sul sistema pensionistico, sul welfare e sul sistema sanitario. E alle sfide non ci si puó presentare dimentichi, impreparati, come quelli che ricordano di rabberciare il tetto solo quando d’autunno, com’è prevedibile, piove.

di Daniela Baroncini

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