Le parole non siano pietre

Le parole non siano pietre, siano gesti d’amore. Devono essere gesti d’amore. Ma oggi, le parole, sono fomentatrici d’odio, di rabbia, di gelosia, di violenza. Usare le parole come carezze, non come clave da abbattere sulla testa dei nostri fratelli. Riscoprire, nei gesti e nelle parole di Francesco, il poverello, santo di Assisi, una nuova forma di comunicare che faccia della fratellanza lo scopo per cui si scrive. Usare le parole per aiutare a comprendere che l’amore dentro di noi può essere condiviso. Usare le parole per amare il prossimo senza distinzione di razza o religione. Usare le parole per passare dal “tu” al “noi” come assunzione collettiva di responsabilità e sentirci parte di una comunità di donne e uomini uguali. La parole non sono pietre, per dire insieme che c’è un modo di comunicare che aiuta a capire, che unisce, eliminando divisioni e incomprensioni, per costruire una comunità dove il bene collettivo sia un comportamento etico e morale. Un cammino non facile ma ineludibile, se vogliamo evitare che questa riflessione rimanga esercitazione virtuosa ma sterile. Un’economia a misura d’uomo contro la crisi climatica.

 Nasce da queste considerazioni il “Manifesto di Assisi” i dieci punti le parole non siano pietre.

  • L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere. Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.

  • Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico. Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.

  • Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e essere visibili. Diamo voce ai più deboli.

  • Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani. Impariamo il bene di dare i numeri giusti.

  • Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti. Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti.

  • Facciamoci portavoce di china sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio. Diventiamo scorta mediatica della verità.

  • Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone. Non pensiamo di essere il centro del mondo.

  • Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente. Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune.

  • La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale. Connettiamo le persone.

  • San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete. Diamo corpo alla notizia nelle piazze digitali.

di Claudio Caldarelli

Print Friendly, PDF & Email