Cosa è il catcalling e come mai se ne parla proprio ora

Il dibattito è partito da una denuncia social di Aurora Ramazzotti, figlia di Michelle Hunziker e del cantante Eros Ramazzotti.

Per catcalling si intende tutta una serie di molestie di strada, come fischi e apprezzamenti di cattivo gusto rivolti alle donne, commenti sessisti, spesso volgari.

Aurora ne è stata vittima durante una corsa al parco e sulla sua pagina Instagram si è sfogata con gli oltre due milioni di follower. «Mi è sembrato giusto farlo perché tante donne non hanno la forza di reagire a quella che ormai è una prassi considerata normale. Ma quelli che fischiano, o che dicono di peggio, non sanno che cosa si prova. Paura, umiliazione, mortificazione, vergogna, impotenza».

Da qui si è sollevato il polverone in cui molte donne hanno ammesso di essersi ritrovate nella stessa situazione.

Il labile confine tra apprezzamenti e molestie verbali: eccolo il problema.

Dietro la trappola delle parole che sembrano complimenti, il catcalling rivela in realtà una scarsa stima della donna, che viene per lo più assimilata a oggetto del desiderio sessuale, o peggio diventa bersaglio di frasi sessiste e volgari, se non di scherno. Complimenti non richiesti e volgari sono indirizzati al corpo della vittima o al suo atteggiamento, fischi e strombazzate dall’auto, domande invadenti, perfino insulti veri e propri. Frasi come “Sei uno schianto”, “Fai impazzire”, “Vuoi uscire con me?”, non sono un modo per cercare realmente di conoscere la ragazza ma piuttosto una vera e propria molestia verbale. Tanto più pericolosa perché subdolo è il confine con la violenza psicologica. 

Il termine catcalling sembra aver avuto il significato attuale a partire dal 1956.

Nel Settecento aveva per lo più il significato di “grido, lamento” e indicava esattamente l’atto di fischiare a teatro gli artisti sgraditi, ecco il fischio che già da allora, sia pure in un contesto diverso, aveva la valenza di disapprovazione e umiliazione.

Il governo francese nel 2018 ha approvato una legge che dichiara punibile il catcalling su strade o mezzi di trasporto pubblico con multe fino a 750 euro, oltre a una mora per comportamenti perfino più aggressivi. Anche in altri Paesi il comportamento è punito. In Italia non esiste un reato per punire il catcalling. D’altronde sarebbe più opportuno agire sulla cultura nella quale nasce un atteggiamento offensivo piuttosto che aggiungere un’altra punizione senza alcun tipo di prevenzione.

Di tale fenomeno si parla sempre più sul web, dov’è sostenuto da una serie di iniziative di gruppi di attivisti per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla discriminazione e la violenza di genere. Per anni in Italia si è parlato genericamente di “molestie di strada”, talvolta come retaggio di quello che in passato veniva anche definito “pappagallismo”, con una connotazione meno negativa delle molestie. Sarà anche per questo che nel nostro paese il catcalling  fatica ancora ad essere riconosciuto come una vera e propria violenza psicologica e come tale a ricevere una condanna unanime.

Sarebbe utile, opportuno se non necessario avere l’appoggio di quegli uomini che rispettano le donne e che non si riconoscono nella categoria dei “cat-caller”, la condanna da parte loro sarebbe un cambio di passo, il loro sostegno diventerebbe importante non solo in questa campagna ma in molte altre, in tutte quelle guerre che ogni giorno le donne combattono da sole in una società che non vuole ascoltare il loro grido di aiuto.

di Stefania Lastoria

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