Adele è morta vergine

L’ipocrisia uccide l’amore. La dittatura uccide la vita. Il potere assoluto annulla la bellezza. Crudeltà e complesso di superiorità, fotografia del fascismo franchista in Spagna, descritto con maestria e minimalismo da Garcia Lorca nel 1936. “La casa di Bernarda Alba” il capolavoro teatrale di Lorca, portato in scena da Giuseppe Venetucci, al teatro Belli di Roma, con una compagnia di attrici, bravissime, tutte donne. Otto donne sul palco a recitare qualcosa di accaduto, di vero, di asfissiante nella quotidianità delle donne nel periodo franchista. Un periodo che, per assurdo, c’è ancora oggi con tutte le sue contraddizioni e frustrazioni. Il potere assoluto che uccide se stesso, condannando ile sue figlie ad una morte civile, fatta di conflitto e invidia. Bernarda Alba, una madre che esercita il potere assoluto, cerca di tenere il mondo fuori dalla sua porta, nella convinzione che solo l’inflessibile rispetto delle regole della comunità possa offrire alle sue cinque figlie un qualche futuro.

Ma l’amore, la sessualità, la voglia di vivere non posso essere incarnare. Inizia così un conflitto, terra potere e sentimento. Un conflitto in cui il potere esercita con crudeltà la sottomissione, mentre dalla parte opposta una opposizione fatta di emozioni e sensazioni carnali, mentali e spirituali, talmente forti da vincere su qualsiasi potere.

La ribellione di Adele al potere matriarcale, al potere costituito, è una ribellione che rimette al centro della vita la donna, con tutte le sue contraddizioni, ma anche con tutta la sua capacità di amare.

Garcia Lorca scrive una drammaturgia essenziale, una parabola di un popolo schiacciato e represso dal potere. Finita di scrivere nel 1936, dopo due mesi fu ucciso dai falangisti. Un testamento a favore della presa di coscienza della donna, che libera le donne dal giogo del maschio imperante e dalla sottomissione al potere franchista.

Ma il conflitto tutto interno ad una società mostra il conflitto tra sorelle, una guerra civile dichiarata prima ancora che accadesse.

Sul palcoscenico del teatro Belli, il conflitto generazionale è reale, si tocca con mano. Le attrici riescono nell’intento di trasmetterci il loro stato d’animo, fatto di sottomissione e impotenza, ma anche di passionale amore. È Adele, la figlia più piccola, che si riappropria della sua vita e del suo corpo, dicendo io sono mia. Adele che ama in modo carnale e profondo, rompe il muro del silenzio in cui era confinata con le sorelle, per vivere l’amore che la tiene in vita, con un gesto di ribellione che le costa la vita. Lo stesso prezzo pagato da Lorca. Adele è la libertà che tutti sognano ma che pochi si prendono. Adele morirà dopo una notte d’amore. Ma il potere non accetta la ribellione, non accetta un gesto di libertà, non ammette che Adele ha fatto l’amore. Così, sul palcoscenico del Belli, Bernarda Alba, sul finale urla: Adele è morta vergine, come ha voler cancellare la sua ribellione. Adele è morta vergine, dopo una notte d’amore.

Claudio Caldarelli

 

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