Cine-pillole con #EnnioFenomenoFilm

Una premessa necessaria. Le multinazionali del tabacco sono tornate a impossessarsi dello schermo, grande o piccolo che sia. A causa delle cifre miliardarie risarcite a vittime di cancro da fumo, tra cui molti attori, per un lungo periodo i film avevano smesso di fumare. Ora, invece, le scene con sigarette tra le labbra di personaggi maschili, femminili, giovanili sono in vertiginoso aumento. Spesso in maniera narrativamente del tutto gratuita. A volte in maniera stilisticamente più giustificata e addirittura anche in senso spregiativo. L’importante per Big Tobacco è che la sigaretta appaia. Anche il fascino perverso, infatti, crea – soprattutto tra i giovani – più emulazione di quello luminoso.

La fiera delle illusioni. Un uomo fugge dal proprio passato di colpa trascinandoselo dietro. Approda in una fiera circense, fatta di baracconi delle meraviglie, imbonitori, illusionisti e truffatori di povera gente d’ogni risma. Dopo un po’ si porta via una ragazza che è il fiore più sensibile e prezioso cresciuto in quel fango. Con lei va alla conquista del “mondo e di quello che contiene”, ossia dell’alta società americana per vendere meglio il suo fumo dell’illusione. Sullo sfondo la crisi economica e la vigilia della seconda guerra mondiale. Nessuna serie televisiva, per i suoi modi e tempi di produzione, riuscirà mai a raggiungere l’alta qualità cinematografica di film come questo. Film che – sul tema dell’illusionismo da baraccone – è una metafora dell’illusione stessa su cui si fonda il cinema. Illusione, però, che l’arte rende esplicita, non potendola infatti nascondere, pena lo scadimento del suo contenuto di verità. Punto debole: complessivamente ridondante in immagini, dialoghi – e fumo delle illusioni, ossia e sigarette accese una dietro l’altra.

Il senso di Hitler. Squarcia visuali inaspettate. Dai suoi esordi, alla fine nel bunker di Berlino, alla esaltazione nelle piazze neonaziste d’Europa e nei meandri degli attuali social media, mentre cala l’oblio sugli orrori da lui commessi, il film cerca di spiegare il perverso alone d’irrazionalità e attrattività che si tesse ancora oggi attorno alla figura di Hitler. L’indagine mette in luce elementi rimasti irrisolti o che si ripropongono nel presente con un nuovo volto, giungendo anche a conclusioni inaspettate. Come quella dello storico della Shoah Yehuda Bauer: “Gli esseri umani sono animali che uccidono altri animali della stessa specie (…) il problema non è che i nazisti erano disumani ma che erano umani (…); il problema è con noi stessi, non con i nazisti, le idee naziste sono state messe in pratica da persone assolutamentenormali. Potremmo dire che la radice della violenza è proprio nella folle illusione di poter sottomettere l’essere, qualsiasi essere, per il trionfo della propria volontà. Senza vittime non c’è trionfo. E l’umano continua ad aver bisogno della chimera del trionfo, ergo – di vittime e carnefici. La storia è il macabro rito che stabilisce – di volta in volta – chi sono gli uni chi gli altri.

Fellini e l’ombra. Da non perdere per i felliniani. Il lato inconscio di Fellini, quello dei suoi sogni notturni e del suo rapporto con lo psicanalista junghiano Ernst Bernhard. Ebreo tedesco, e anche pediatra, astrologo, si trasferisce da Berlino a Roma, a metà degli anni ’30 del secolo scorso, per sfuggire alle leggi razziali. Dopo la guerra diventa l’analista di molte note figure dell’arte e della cultura italiana. Fellini ha con lui uno scambio continuo che va dall’interpretazione de I Ching, l’oracolo a sentenze della tradizione cinese, a quella dei sogni. Sogni che il regista non si limita a raccontare, ma anche a disegnare. Il film si avvale di molto materiale iconografico originale, per squarciare il velo d’ombra tra l’inconscio del nostro grande regista e la sua opera cinematografica.

La crociata. Spassosamente serio. Madre e padre scoprono che il figlio adolescente svuota casa di loro orologi, gioie, capi d’abbigliamento di un certo valore ma che loro non indossano quasi mai. Per fare cosa!? Una missione impossibile, una crociata ecologica in Africa per salvare l’intero pianeta, ossia il loro futuro, quello che gli adulti stanno loro ciecamente distruggendo. Battute davvero azzeccate e ritmo deliziosamente incalzante Il ragazzino è interpretato da Joseph Engel, il padre da Louis Garrel (anche autore e regista del film), la madre da Laetitia Casta. Quest’ultima si schiera subito con il figlio, dando così immagine sensibile e morbido corpo a ciò che è Madre Natura. L’idea è quella di mostrare che l’età dell’impegno ambientalista si sta abbassando rispetto a quello di Greta Thunberg, la quale è anche citata con una sua apparizione.

Ennio. Hastag #Fenomenale. All’improvviso ci troviamo in contatto ravvicinato con l’Ennio Morricone a noi sì sconosciuto, ma che allo stesso tempo scopriamo esserci profondamente intimo. Questa la grazia sublime e la bellezza suadente del film di Giuseppe Tornatore. Aveva tra le mani una materia preziosa e ha saputa svelarcela in tutta la sua prodigiosa filigrana astrale. Ennio continuando ad accompagnarlo, scandendo il suo infallibile metronomo poetico, musicale, cinematografico. Un capolavoro. Stupore, meraviglia, lucciconi agli occhi per chi l’ha visto nei due giorni d’anteprima a fine gennaio. E molti hanno detto di volerlo rivedere appena tornerà in programmazione nelle sale dal 17 febbraio prossimo. Hastag #NonPerdetevelo.

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