La questione morale è Istituzionale
“I politici non hanno smesso di rubare, hanno solo smesso di vergognarsi”. Una frase sempre ripetuta negli interventi pubblici, da magistrati onesti, ha suscitato scalpore e indignazione dei politici, ma non dei cittadini. Ma la cronaca dà ragione a Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm. In una settimana è stato arrestato il sindaco di Lodi, Simone Uggetti del Pd. E’ stato arrestato Antonio Bonafede, consigliere comunale del Pd a Siracusa, mentre stava per imbarcarsi su un traghetto con 20 kg di droga. C’è l’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del consigliere regionale e presidente del Pd campano, Stefano Graziano; c’è anche l’incredibile vicenda della Sardegna, in cella si sono incontrati il vicepresidente del consiglio regionale Antonello Peru, di Forza Italia e Giovanni Satta dei Centristi, che quando è stato fermato per traffico internazionale di stupefacenti, ancora non era consigliere regionale. Lo è diventato da detenuto, in seguito a vari ricorsi. Questo solo nelle ultime settimane e ogni giorno si aggiungono nuovi nomi di politici dediti alla corruzione, al malaffare, alla collusione con le mafie, al traffico di droga e tanti altri reati. Poi ci sono i deputati, indagati, con incarichi di governo, poi ci sono i politici di alto rango che continuano ad essere operativi con incarichi istituzionali anche se sono sotto indagine e così via. I politici non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi.
La questione morale incombe su tutto, è una emergenza da affrontare. Suonano sempre più attuali le parole di Enrico Berlinguer: ”I partiti sono soprattutto macchine di potere e di clientela. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”. I politici dicono che la responsabilità penale è individuale, che dobbiamo essere garantisti, così dicendo rimangono impuniti e continuano a perseguire i loro scopi personali di arricchimento. Ma non è cosi, i corrotti non sono mele marce, o casi isolati. La corruzione è endemica al sistema Stato, è il sangue che ci circola dentro, è il muscolo e lo scheletro che muove tutto ciò che è pubblico e non solo.
La responsabilità penale è personale, ma la corruzione coinvolge più soggetti, come dice la parola: la co-rruzione implica una co-operazione. I giuristi parlano di reato plurisoggettivo. Per vivere deve necessariamente allargarsi. La corruzione è un sistema, non è la somma di singole illegalità. Gustavo Zagrebelsky fa un esempio: se un contribuente fa una dichiarazione fiscale falsa, siamo difronte a un’illegalità, che si può colpire processando l’evasore. Ma se il contribuente si mette d’accordo con il suo commercialista, che si mette d’accordo con la Guardia di Finanza e con l’Agenzia delle Entrate, tutto questo crea un sistema diffuso di corruzione. Come le associazioni criminali. A differenza dell’illegalità, la corruzione crea ordinamenti alternativi a quelli legali. Per questo si deve parlare di questione morale Istituzionale.
“La mafia, per esempio, è una istituzione con regole interne, autorità di governo, agenti esecutivi e perfino tribunali. C’è una legittimità mafiosa che si contrappone alla legittimità dello Stato. Bisogna partire dal presupposto che si tratta di conflitti tra ordinamenti. E’ illusorio pensare che si possa sconfiggere la corruzione esclusivamente con processi che necessariamente perseguono i singoli…Gli ordinamenti si sconfiggono con guerre d’altro tipo; innanzitutto stabilendo una linea di demarcazione netta, un fronte, tra chi sta di qua e chi di là, cioè combattendo la “zona grigia” di chi sta un po’ di qua e un po’ di là”. Gustavo Zagrebelsky ha le idee chiare sul sistema corruzione. In un conflitto tra ordinamenti vanno messi confini netti e invalicabili tra vita e malavita. Soprattutto in un momento come questo in cui tutti gli indizi portano a dire che il mondo della politica è estesamente penetrato dalla corruzione: significa che tra questi due opposti ordinamenti oggi non c’è conflitto, ma connivenza. O addirittura, che s’è creato un meta-ordinamento diffuso, basato sulla connivenza.
Ogni volta che esplode uno scandalo che colpisce personaggi eccellenti della politica o della finanza, le reazioni dettate ai giornali e televisioni amiche, parlano di giustizia ad orologeria, si esprime piena fiducia nella magistratura e ci si nasconde dietro il: fino a prova contraria e fino alla condanna definitiva non può considerarsi colpevole. Si dicono garantisti per rimanere impuniti e accusano gli altri, spesso gli onesti, di essere giustizialisti. Inculcano nella testa delle persone, termini senza significato, che vengono ripetuti a memoria senza scalfire minimamente il meta-ordinamento diffuso e connivente. Scatta, con l’ausilio degli apparati informativi, la distorsione sul fatto di corruzione realmente accaduto, che viene trasformato in termine di garantismo e svuotato di significato. Si ritorce l’accusa contro chi l’ha formulata.
Intanto l’ordinamento parallelo cresce, aumenta il campo di intervento, entra in profondità, costruendo reti di connivenze che fanno capo a faccendieri, lobbisti, massoni, finanza laica e vaticana, giornalisti assoldati. Questa è la rete della corruzione che non è più una questione morale, ma una Questione Morale Istituzionale.
di Claudio Caldarelli