SOSTANZE ANABOLIZZANTI

Antonella

Narcisismo o dolo specifico? Il doping estetico non è reato: palestrati assolti!

La Cassazione: “Anabolizzanti solo per l’aspetto estetico? Non è doping”

(Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 843/13; depositata il 9 gennaio)

Tralasciando ogni polemica sull’utilizzo di farmaci come “sostanze d’abuso” per fini estetici e non terapeutici, sulla eticità di tale pratica, sulle conseguenze irreversibilmente nefaste per la salute psico-fisica dei cicli farmacologici utilizzati, per conseguire una buona qualità estetica, è dato statisticamente rilevato che numerosi ragazzi e ragazze, anche comuni e non soltanto quelli etichettati “immagine” o “d’elite”, vi fanno ricorso per ottenere quella compattezza, lucentezza e volume in più di massa muscolare, con sempre maggiore diffusione tra i frequentatori di palestre, bodybuilder, ma anche cultori del fisico che, pur non essendo atleti professionisti, non si sottraggono a tale pratica, in un segmento epocale in cui impera il gusto dell’esibizione, in cui gli standard estetici richiesti sono molto elevati e la competizione fisiologicamente insostenibile, con diffusione a livello epidemico,  di una delle forme più attuali di disagio della civiltà:  la dipendenza.

Orbene, secondo la Cassazione, che velatamente interviene a liberalizzarne l’uso, “comprare farmaci dopanti non è reato se lo si fa solo per se stessi e non per competere”.

Per le Eminenze Grigie, acquistare farmaci dopanti al mercato nero, attraverso cioè canali diversi da farmacie e dispensari autorizzati, non è  reato se chi li acquista ha solo la finalità di aumentare la propria massa muscolare e quindi l’aspetto esteriore e non anche quella di alterare i risultati di una competizione sportiva. Insomma, chi si “dopa” al solo fine estetico per migliorare il proprio aspetto fisico, con azione commessa esclusivamente in danno di se stesso e della propria incolumità (essendo abitudine diffusa l’assunzione in modo “amatoriale”, senza controllo medico), non è colpevole di doping.

Se dunque se ne condanna a livello agonistico il loro uso ed abuso, con tanto di revoche di titoli e premi, giuridicamente parlando usare anabolizzanti solo per questioni puramente estetiche non costituisce reato.

Così la Corte di Cassazione ha annullato la condanna a cinque mesi di reclusione e 300 euro di multa tre giovani di Pescara che assumevano anabolizzanti, acquistati illegalmente, con il solo scopo di “modificare il proprio aspetto fisico, anche a costo di assumere sostanza tossiche, palesemente dannose per la salute e il loro benessere psico-fisico”.

Secondo gli Inquilini del Palazzaccio, anche se la legge antidoping punisce chi assume anabolizzanti e non solo chi li vende, se una persona li prende solo per fini estetici non è ravvisabile l’elemento del profitto.

La Corte Suprema ha così ribaltato la sentenza della Corte di Appello dell’Aquila, che aveva considerato come profitto perseguito ”anche la finalità di miglioramento delle proprie prestazioni o aspetto fisico e quindi anche la soddisfazione di un piacere narcisistico”.

Questa tesi, per la Cassazione non può essere condivisa, altrimenti si arriverebbe a includere nella nozione di profitto ”ogni circostanza che, senza ledere diritti o interessi altrui, si risolva in una mera lesione della sfera soggettiva dell’agente”, sia pur vittima di un disturbo del senso di sé.

Quindi deve escludersi che il fine di compiere un’ azione in danno di se stessi, sia pure perseguendo una utilità meramente immaginaria o fantastica, quale la perfezione anatomica, come in questo caso, possa integrare il fine del profitto.  Diversamente ragionando si arriverebbe al paradosso di considerare dettata dal fine di profitto anche l’azione di chi si procuri, nel mercato illegale, dei barbiturici allo scopo di suicidarsi. E com’è noto, il mettere in pratica tale gesto autolesionistico, il più estremo, non sortisce sanzioni, essendo considerato da dottrina dominante atto lecito e comunque non punibile.

di Antonella Virgilio