La Mezz’Europa

Tavani

Una volta c’era la Mitteleuropa, il cuore culturale e storico centrale, austro-ungarico, romantico, dalla Principessa Sissi, a Bismark, Radetzky, Strauss, il Bel Danubio Blu.

Oggi c’è la Mezz’Europa, quella divisa, spaccata tra e in ognuno degli Stati attuali che la compongono. Anzi: l’Europa è spaccata anche dentro ognuno di noi. Il nostro interno intimo, più profondo è la mappa psicologica e politico-geografica dell’Europa in frantumi. Dilaniati tra l’essere stati convinti europeisti e il ritrovarci ora in preda a ricorrenti conati di rigetto. Pensavamo fosse un’aurora, ma era già il tramonto. Terra dell’Occaso, del Tramonto significa infatti Occidente, ossia la civiltà storica che l’Europa ha fondato. Mezz’Europa, anche perché altre culture, fedi, Weltanschauungen, visioni del mondo ne contendono lo spirito e lo spazio.

Oggi dalla Polonia, all’Ungheria, all’Austria quel cuore del continente latra nazionalismo, xenofobia, intolleranza. La stessa Austria si è ritrovata spaccata esattamente a metà. Ha prevalso per qualche migliaio di voti esteri in più un verde, ma la materia oscura, nera dell’altra metà continua a fare sentire i suoi effetti gravitazionali tra e in noi tutti mezz’europei. E proprio in questo modo la Mezz’Austria vuole e continuerà a stare dentro la Mezz’Europa: come una mela avvelenata spaccata a metà.

La stessa cosa vuole fare e farà l’Inghilterra con il prossimo referendum del 23 giugno. Chiunque vincerà quella consultazione – i Brexit o i Remain, chi vuole uscire o chi preferirebbe restare – Londra si vuole di fatto mettere a metà, mezza dentro e mezza fuori. Mezza fuori per tenersi alla larga dalle varie grane epocali dell’Europa; mezza dentro, perché l’alta finanza allocata nella City ha bisogno della vasta sponda continentale per continuare a prosperare. Gli sporchi immigrati, le frontiere porose, il rompicapo delle guerre mediorientali, i guai della moneta e delle banche a voi; i capitali e i traffici da capogiro in sterline, euro, dollari, yen, yuan e le inviolabili bianche scogliere di Dover a noi.

Il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha lanciato un rude monito all’Inghilterra: “In is in, out is out”, chi è dentro è dentro chi è fuori è fuori, ossia, non sarà permesso ai cugini britannici di starsene cinicamente a metà. Peccato che subito dopo di lui Frau Merkel, però, abbia rilasciato una dichiarazione molto più morbida, a metà, appunto. Non voleva, infatti, sortire l’effetto opposto, quello cioè di far sembrare l’interesse tedesco come un’intromissione, un’interferenza indebita di un capo di stato straniero agli occhi degli inglesi e spingerli così a rafforzarsi nella convinzione a uscire dall’Europa. Dobbiamo però chiederci se un politico di così lungo corso come Schäuble non fosse avvertito di tale rischio, essendo stato anche il collaboratore del cancelliere Khol, forse il principale artefice dell’Unione Europea. C’è da dubitarne. Anche perché Schäuble, in realtà, l’avvertimento l’ha inviato indirettamente anche a tutto il resto dell’Europa. Se vince Brexit, le conseguenze strariperanno su tutto il continente. In altri termini: l’Europa non sarà la stessa di adesso. Tutti gli scenari sono possibili. Compresi quelli già ampliamente valutati proprio dai tedeschi – anche operativamente – di due Mezz’Europe, con due monete, due diversi pesi ponderali e distinte velocità economiche, e anche due estensioni geografiche maggiormente limitate.

Una Mezz’Europa blindata, forse per illudersi ancora che all’interno delle fortezze e dei forzieri il sole non può tramontare, dato che non vi è mai neanche sorto.

di Riccardo Tavani

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