Elezioni comunali, la squadra tecnica e il gioco della politica
Soprattutto a Roma e Milano, le elezioni comunali fanno emergere un dato che assume un particolare significato d’attualità non solo politica. È quello della cosiddetta squadra, ossia la lista degli assessori che vanno a formare la giunta comunale. Per la legge attualmente in vigore la carica di assessore è incompatibile con quella di consigliere comunale. Tale squadra viene così costituita – e addirittura pre-costituita, come nel caso di Giachetti a Roma – sulla scorta di specifiche competenze squisitamente tecniche dei futuri assessori. Sostanzialmente sii tratta, cioè, di una squadra di tecnici. A Milano, addirittura, i candidati sindaci per se stessi sono una squadra tecnica. Entrambi, infatti, provengono da esperienze tecnico-manageriali, tra le quali quelle in aziende di telecomunicazioni come Tim e Fastweb. Entrambi laureati in economia, la loro carriera ha attraversato continuamente la sfera politica e sono stati city manager – direttori generali – proprio del Comune di Milano, durante le amministrazioni Moratti e Albertini. Specialmente Stefano Parisi, che proviene dal Partito Socialista Italiano, e ha assolto anche diversi incarichi ministeriali.
A Roma Roberto Giachetti, per dimostrare la sua indipendenza anche dai partiti e dalle liste che lo sostengono, pre-costituisce una sua squadra tecnica ancora prima del 5 giugno. Virginia Raggi, pur ottenendo al primo turno un consistente vantaggio su Giachetti, è percepita da parte di molti elettori romani come impreparata, non all’altezza del compito di governare Roma. Incapacità che nella percezione si estende a tutto il Movimento Cinque Stelle. Questo potrebbe costarle la vittoria finale, anche perché il suo avversario è stato capo gabinetto di Rutelli sindaco e ha snocciolato un programma di ampia dimensione e nello stesso tempo molto dettagliato. Il momento di rabbia e risentimento espresso al primo turno dall’elettorato contro il Partito Democratico potrebbe rientrare e rovesciare il risultato. Forse anche per questo la Raggi ha fatto trapelare che nella sua squadra entreranno tecnici di altissimo e indiscusso valore anche internazionale. Tra questi brillano nomi come quello di Paolo Berdini, uno dei massimi urbanisti italiani con una spiccata sensibilità ambientale, di Raphael Rossi, forse il maggiore e più efficace esperto nello smaltimento di rifiuti in Italia, e Marco Ponti, grande conoscitore e consulente di sistemi di trasporto su scala planetaria. Al di là di chi accetterà o declinerà l’offerta, è bastato questo a rimettere parecchio gas per lo sprint finale nel serbatoio di Virginia Raggi.
Proprio questo, però, rimette in discussione un assunto dato fino a oggi per scontato: ossia che la tecnica, la scienza siano al servizio della politica, ossia che esse siano semplici mezzi a disposizione della politica per raggiungere i suoi scopi. Cominciamo a intravvedere che le cose non stanno più del tutto in questo modo. Innanzitutto prima erano direttamente i politici eletti con il maggior numero di voti ad assumersi la responsabilità di amministrare i vari settori (ministeri, istituti, dipartimenti, assessorati) della vita pubblica. Oggi, invece, è proprio la squadra tecnica a dare valore a un politico e non viceversa. Questi cosiddetti “tecnici” sono infatti intelligenze sì di elevate competenze scientifiche ma ormai dotate anche di grandi visioni sociali e antropologiche d’insieme. Proprio perché già operano e sono universalmente apprezzati oltre che ben remunerati in campo internazionale, sorge spontanea una domanda. Perché essi dovrebbero mettersi al servizio, se non addirittura sottomettersi al comando di figure politiche le quali prive non solo sono di qualsiasi competenza, ma anche di visioni di grande respiro storico, capaci solo di azzuffarsi per accaparramenti elettorali ed economici solo in parte legittimi ma certamente tali da complicare ancora di più la vita pubblica, anziché semplificarla e renderla più gradevole? Una domanda destinata a ripresentarsi, a crescere come un basso continuo sotto il cacofonico repertorio orchestrale della politica non solo nostrana. La vera gara a contendersi l’egemonia politica sul futuro, infatti, avverrà proprio su chi saprà meglio mettersi al servizio di quella della tecno-scienza sulla società.
di Riccardo Tavani