Elezioni comunali: la porti un ciaone a Firenze
Quando si dice buttarla in politica. O meglio, in amministrativo. Renzi, infatti, ha detto che gli italiani nelle elezioni comunali hanno in pratica fatto lo zapping, come era loro diritto, e che questo, quindi, non mette in discussione la sua poltrona a Palazzo Chigi. Ok, stai sereno, Matteo, ma intanto pesa, incarta e porta un ciaone a Firenze, anziché un bacione, come cantava il tuo concittadino Odoardo Spadaro nel secolo scorso. Lo zapping si sa dove comincia ma non come, quando e dove finisce. A Napoli, Roma e Milano il Presidente del Consiglio ha fortemente voluto e imposto tre suoi candidati, anche travolgendone le resistenze personali – come nel caso di Giachetti –, e in tutte e tre i Comuni più che di uno zapping si è trattato di un vero e proprio lancio di telecomando contro la sua immagine permanente e strafottente sicumera televisiva.
A Napoli Renzi ha voluto schiacciare, umiliare Antonio Bassolino nelle contestate primarie a suon di monete, ma sembra che il tasto sul telecomando della sua Valeria Valente abbia poi fatto lampeggiare sullo schermo solo l’antico, epico detto napoletano “L’uocchie sicche so’ peggio d”e scuppettate ‘e notte”, il malocchio è peggio delle schioppettate di notte. Per questo, si dovrebbe dedurre, è andata completamente deserta l’assemblea convocata dal Pd partenopeo per discutere del voto dopo il primo turno.
A Milano Beppe Sala doveva rappresentare la nave rompighiaccio per il successivo passaggio del transatlantico Partito della Nazione, ossia di uno schieramento trasversale tra destra, centro e sinistra. A conti fatti, però, ha raccolto molti meno voti dell’ex sindaco Giuliano Pisapia, espressione a suo tempo di Sinistra Ecologia e Libertà e di una Federazione della Sinistra, che prese il 45% alle primarie, il 48,04% al primo turno e il 55,11% al ballottaggio. E ora Sala, se vuole sperare di far prevalere il suo leggerissimo vantaggio sul centro-destra di Stefano Parisi, deve per forza inserire punti di programma propri della sinistra, dei radicali e dei 5 stelle. Il ciaone al Partito della Nazione si è già perciò alzato sonoro sulle guglie de La Madunina, altro che buttarla sullo zapping e sul semplice voto amministrativo!
Anche a Cagliari vince al primo turno l’uscente Massimo Zedda, con il più classico degli schieramenti di centro-sinistra, ossia Pd-Sel, il quale è in sé e per sé la negazione del Partito della Nazione. Zedda, inoltre, al suo primo discorso ha aperto subito al Movimento 5 Stelle. E persino la casella di Torino, dominata in maniera incontrastata dal sindaco uscente Piero Fassino, è ora messa sotto scacco da una forte, insidiosa mossa di cavallo del Movimento 5 Stelle. A Bologna, poi – al di là del ballottaggio – è lo stesso sindaco del Pd Virginio Merola a costituire una seria crepa per Renzi.
La situazione peggiore è a Roma. Il partito eterodiretto dalla suburra di Bruzzi e Carminati, di cementificatori, divoratori di suolo, commercianti voraci, bancarellari mafio-abusivi ed evasori, è stato commissariato, ma il commissario, nonché presidente del Pd, Matteo Orfini, non ha risanato niente, tanto che è ancora lì. Così il Matteo Maggiore ha pensato di scovare e candidare un giglio santo immacolato: Roberto Giachetti, che se ne stava in santa pace a fare il vice presidente della Camera, dove ogni tanto riusciva a dialogare persino con i 5 Stelle. Ossia: sull’olezzo di un’immane discarica dai contorni ancora imprecisati, con tanto di cloaca massima annessa, ha avuto la genialata di ficcare un candido, modesto fiorellino, pretendendo che gli elettori guardassero solo a quest’ultimo e non più alla voragine infetta. Come se il gentile fiore non fosse – inoltre – in Parlamento grazie al partito proprio nel collegio discarica di Roma.
La posta politico affaristica in gioco nella capitale è elevatissima, c’è davvero poco di meramente amministrativo. Ancora milioni di metri cubi di cemento e consumo del prezioso suolo nell’Agro Romano, sia attraverso le Olimpiadi, sia con altri faraonici progetti a beneficio di pochi noti proprietari terrieri, costruttori e padroni di carta stampata; prosecuzione della violazione del referendum cittadino e spossessamento definitivo dell’acqua pubblica e ulteriori beni comuni – sempre a esclusivo beneficio di quelli sopra –; privatizzazione e commercializzazione della città, dai singoli sampietrini all’intera sfera della cultura.
La flash-politica governativa ha bisogno di mega turbo progetti sui territori e nelle grandi città, altrimenti dalla fantasmagoria della chiacchiera mediatica non si passa mai alla saldatura di una concreta alleanza di potere politico-economico che strutturi a sua volta un vero e proprio affidabile periodo di regime storico. E questo lo zapping amministrativo non può affatto garantirlo, tanto che più che stare sereno, Matteo dovrebbe cominciare a pensare al prepping. È questo un termine ora molto in voga in quell’inglese che a lui piace troppo risciacquare e gorgogliare in Arno che sta per preparazione alla sopravvivenza dopo una catastrofe. In questo caso la sua.
di Riccardo Tavani