Tiziana Cantone: rinvio a giudizio per l’ex fidanzato

Rinviato a giudizio Sergio di Palo, ex fidanzato di Tiziana Cantone, tristemente famosa per essersi tolta la vita il 13 settembre 2016 nella propria abitazione di Mugnano impiccandosi con un foulard dopo la diffusione in rete di alcuni video hot che la vedevano protagonista. L’uomo dovrà rispondere di simulazione di reato, calunnia e accesso abusivo del sistema informatico, reati ipotizzati nel corso delle indagini sulla morte della giovane.

Della morte di Tiziana Cantone si è detto tutto, e il contrario di tutto. Hanno fatto scalpore la sua morte e il fatto che sia stata lei stessa a procurarsela ma, soprattutto, ha fatto scalpore la motivazione che l’ha portata al suicidio: l’interesse spasmodico e maniacale che i suoi video hanno suscitato, mettendola al centro di una vera e propria gogna mediatica che non l’ha risparmiata. Il ruolo dell’ex fidanzato non è ancora ben chiaro; l’accusa più grave, accesso abusivo del sistema informatico, è stata ipotizzata in quanto sembrerebbe che Di Palo avrebbe pagato (in accordo con Tiziana sostiene lui) un perito informatico per entrare nella memoria del cellulare della giovane per cancellare contenuti evidentemente scomodi che lo collegherebbero in qualche modo alla diffusione dei filmati.

I reati di calunnia e simulazione di reato, invece, riguardano la finta denuncia di smarrimento del cellulare di Tiziana fatta dai due fidanzati nell’aprile 2015, poco dopo la scoperta della presenza in rete dei video girati dalla donna, e la denuncia, nel maggio dello stesso anno, di cinque persone con cui Tiziana aveva allacciato “rapporti virtuali” e alle quali lei stessa avrebbe inviato i filmati, indicate come possibili responsabili della diffusione in rete. La storia di Tiziana la conosciamo bene, ed è stata raccontata da ogni punto di vista; è stata giudicata, condannata, difesa, accusata. È stata definita vittima, si è detto che se l’è cercata. La storia di Tiziana, però, è sostanzialmente una storia di solitudine; la storia di una giovane donna cresciuta senza padre, la storia di una donna forse disposta a tutto pur di compiacere gli altri, ma troppo fragile per sopportarne le conseguenze.

La storia di una donna distrutta dalla mancanza di tempestività delle autorità nel disporre la rimozione dei video girati “in un momento di debolezza”, condannata a pagare le spese processuali della causa intentata contro i colossi del web responsabili di aver diffuso le sue immagini senza il suo consenso, devastata dal rifiuto del giudice di accordarle il “diritto all’oblio”, quello stesso oblio che Tiziana ha cercato nella morte.

Ma la cosa che più spaventa di tutta questa storia è la normalità con cui tutta la vicenda è stata accolta; perché se è diritto di ognuno di noi vivere liberamente la propria vita, anche quella sessuale, forse non è altrettanto normale questo bisogno spasmodico di condivisione a tutti i costi, questa necessità di apparire, anche a costo di rendere pubblico ciò che dovrebbe essere strettamente privato, così come non è altrettanto normale la morbosità che vicende del genere scatenano. I video di Tiziana (6 in tutto) e la famosa frase da lei pronunciata durante il primo dei video (“stai facendo un video? bravoh”) che la ritraeva mentre praticava sesso orale, sono diventati un vero e proprio tormentone al punto da divenire oggetto di gadget e magliette, a significare che non esiste più un limite tra ciò che è privato e ciò che può essere condiviso, tra ciò che è lecito e ciò che invece è quantomeno sconveniente, tra ciò che è socialmente accettabile e ciò che invece non dovrebbe essere accettato.

E la storia di Tiziana, purtroppo, non è un caso isolato; notizia di questi giorni la diffusione di un filmato amatoriale che vede protagonisti due ragazzini e una ragazzina (tutti sotto i tredici anni di età) impegnati in un rapporto sessuale a tre, così come i social (Instagram su tutti) sono pieni di foto di ragazzine ritratte in atteggiamenti e pose dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche. Tiziana ha pagato caro un gioco sfuggito di mano, ma è quanto mai prima d’ora necessario un intervento affinché la sua storia non debba ripetersi.

di Leandra Gallinella