Vito Stassi, sindacalista ucciso dalla mafia

Sicilia, Piana dei Greci, 28 aprile 1921. Questa è la data in cui tre sicari hanno ucciso Vito Stassi, dirigente socialista e presidente della Lega dei contadini del paese. Siamo nell’immediato post-biennio rosso, e le lotte di rivendicazione dei braccianti di tutta la penisola sono sempre più forti e meglio organizzate. E questo luogo, ora chiamato Piana degli Albanesi dal fatto che qui risiede la più popolosa comunità di albanesi d’Italia, ha sempre visto gli arbëreshë lottare alacremente contro i soprusi perpetrati da parte dell’ordine costituito e della criminalità organizzata nella cosiddetta Piana Rossa. E anche di questa minoranza era rappresentante Vito Stassi, conosciuto inoltre come Carusci dal suo nome originario, Vituci Stasi Karushi. Giovane e determinato, da autodidatta aveva sfruttato i momenti di riposo dal lavoro nei campi per formarsi e poi riportare quel sapere agli altri contadini analfabeti, con i quali discuteva dei temi diffusi dalla stampa socialista. A lui, ventiquattrenne, aveva affidato la cassa dell’ormai disciolta federazione socialista l’Onorevole Barbato, e sempre a lui fu affidata la dirigenza della Cooperativa Agricola Anonima.

Era il tempo di un socialismo la cui voce diveniva sempre più forte nel raccogliere i malesseri delle classi subalterne, per contrastare i quali i padroni delle fabbriche del nord avevano richiesto l’aiuto dei fascisti, per bastonare le organizzazioni dei movimenti operai; mentre i proprietari terrieri del sud, di fronte alle leghe dei contadini, avevano rafforzato il loro legame con l’alleato di sempre, la mafia. E proprio contro questa ultima roccaforte del socialismo che era la Piana, dopo che già avevano neutralizzato quelle di San Giuseppe Jato, Santa Cristina Gela e Corleone, si concentrarono gli sforzi del blocco conservatore e reazionario dell’area palermitana. Per dare una spallata al saldo controllo che da più di un decennio i socialisti tenevano con la loro presenza nel municipio così come nella gestione dei territori, dove amministravano direttamente sette feudi, e per ottenere il favore delle forze liberali e governative, diedero il via ad azioni provocatorie, come quella che portò all’uccisione di Stassi. A casa sua, una sera di aprile, si recarono due uomini, Giuseppe Riolo e Giovanni Piediscalzi, avanzando la pretesa di portare a pascolare il loro bestiame nelle terre già gestite dal circolo di cui Stasi era presidente. Davanti al suo rifiuto, la minaccia di vedersela a tu per tu, poi la provocazione di portare il bestiame, l’indomani, a pascolare davvero sulle terre del circolo. Pochi giorni dopo il fatto, certi tra l’altro che Stasi avrebbe preso provvedimenti per l’accaduto, i tre uomini lo aspettarono coi fucili pronti, all’uscita del circolo dopo una riunione.

“Con la scomparsa di Vito Stassi” – ha scritto Francesco Petrotta nel volume Politica e mafia a Piana dei Greci da Giolitti a Mussolini, “veniva a mancare al partito socialista l’uomo in grado di organizzare una risposta alla mafia”.

Un tassello nel mosaico della lotta per la giustizia, nella zona dove questa ha preso i caratteri più tristemente cruenti.

di Simone Cerulli

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