Daniele Nardi: Verso l’Alto

Abbiamo lasciato Daniele in preda alle prime manie di verticalità che lo portano a farsi le ossa sulle nostre meravigliose Alpi. Siamo alla fine degli anni Novanta e il salto verso l’alto è oramai prossimo. I nostrani 4000 non rappresentano che uno scalino nella rapidissima escalation di ascese e tentativi di ascesa che porteranno Daniele al cospetto degli Dei dell’Olimpo,  oltre quota Ottomila.

È nel complesso del Karakorum, con il Gasherbrum II (8.035mt) e nella catena Himalayana, con il Cho Oyu (8.201mt), che nel 2001/2002 Daniele prende confidenza con la “zona della morte”, nella sua frazione sommitale, a un passo dalla vetta.

Non la raggiunge per un principio di congelamento ma questa è altra storia. È il coraggio di spingersi verso l’ignoto che caratterizza lo spirito di Daniele.

Successivamente arrivano vette importanti, come l’Everest e il K2, ma anche il Broad Pick, lo Sisha Pangma e la montagna che gli segnerà la vita, il Nanga Parbat.

Daniele contemporaneamente apre nuove vie sulle Alpi, sugli Appennini, in Asia, conquista il monte Aconcagua, vetta più alta della Cordigliera delle Ande, partecipa a progetti di grande rilievo in ambito alpinistico, come la ristrutturazione della stazione meteorologica più alta del mondo, situata sul colle sud dell’Everest.

Il suo impegno a 360º per la rivalutazione della disciplina alpina pura e per il sostegno alle popolazioni che abitano le pendici delle grandi montagne Himalayane rendono la sua persona molto apprezzata.

È davvero un vulcano Daniele, in quindici anni macina pareti nei quattro angoli del globo, ma nella sua testa c’è un’unica grande sfida per cui forse varrebbe anche la pena morire.

Questa “pazza idea” prende il nome di sperone Mummery.

di Riccardo Battista

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