L’amore ai tempi del coronavirus

14 febbraio. E-mail dalla Cina. Nel farmi gli auguri di un buon San Valentino il collega di Shanghai si dice preoccupato per la nostra influenza stagionale che, come ogni anno, rallenta per assenze il lavoro negli uffici italiani. “State attenti al virus!” si raccomanda. E non so se stia scherzando o stia facendo sul serio perché in Cina – a casa sua- la situazione non è delle più rosee. Mi racconta di una città rallentata, di gente che esce poco (lo stretto indispensabile) e continua a lavorare protetta solo dalla mascherina. Gente che spera di salvarsi. Gente che ha paura.

La paura è contagiosa, tanto contagiosa da arrivare in Europa ancora prima del virus. L’Europa che tra tante epidemie  non ha mai dimenticato l’orrore e il dolore della peste tanto da insegnarlo a scuola, dallepidemia che uccise Pericle ad Atene nel 430 a.C. a quella che decimò la Milano del Manzoni nel 1630passando per quella più terribile, quella che comparve in Occidente nel 1347 e che nel giro di 5 anni devastò l’Europa da Napoli a Mosca e fece 30 milioni di morti. Uno spaventoso capitolo della storia dell’uomo che venne chiamato La Morte Nera.

“Le campane non suonavano più e la gente piangeva. L’unica cosa che si faceva era aspettare la morte. Chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando il rosario, altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano:”E’ la fine del mondo.”

Cronista svedese del XIV secolo.

In seguito l’epidemia riapparve periodicamente, quasi ogni 10 anni, devastando intere regioni. Infine scomparve solo nel XVIII secolo.

L’Europa si dimostrò assolutamente impotente. Il miglior consiglio menzionato praticamente in tutti i trattati sulla peste recita:CITO, LONGE FUGEAS ET TARDE REDEAS, che equivale a dire: PARTI IN FRETTA E NON TORNARE, titolo di un libro di Fred Vargas, scrittrice francese, ricercatrice di archeozoologia presso il CNRS ed esperta in medievistica. Scrive nel suo libro che centinaia di talismani furono inventati per proteggersi dalla Morte Nera: amuleti, anelli, turchesi, smeraldi, rubini. Era raro che i ricchi morissero di peste, protetti senza saperlo dalle loro case solide e risparmiate dai ratti. Era il popolo che ci rimetteva .E ciò non faceva che alimentare la tendenza a credere nel potere delle pietre preziose: i poveri non portavano rubini e morivano. Il non plus ultra era il diamante, la protezione per eccellenza: “Sembra che un diamante alla mano sinistra neutralizzi qualsiasi evenienza”. Fu così che come pegno d’amore, gli uomini facoltosi presero l’abitudine di regalare un brillante alla fidanzata, per proteggerla dal flagello.

Nessuno più ne conosce il significato, ma l’usanza è rimasta: non c’è malattia, né epidemia, né paura che riesca a farci dimenticare i gesti dell’amore. Buon San Valentino.

di Daniela Baroncini

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