L’autostrada dell’emergenza

L’autostrada è là ma ci dividerà/ L’autostrada della vacanza/ segnerà la tua lontananza”. Così cantava Franco Califano nel 1972 in Un’estate fa, testo da lui riscritto in italiano, traendolo dal successo francese di Una belle histoire. Due amanti hanno bruciato tutto nell’estate precedente, e ora quella nuova inesorabilmente li separa. A quasi mezzo secolo di distanza, la cronaca politica italiana offre una congiunzione singolare su una doppia autostrada di separazione estiva. Autostrada nel senso concreto di bitume e cemento, e in senso simbolico di atti legislativi e decreti. La prima riguarda il contenzioso tra Autostrade per l’Italia, Aspi, della famiglia Benetton; la seconda quella che vorrebbe prolungare e imboccare da solo a tutta velocità il Presidente del Consiglio. Parliamo dello stato d’emergenza sanitaria scaduto il 14 luglio, ma che Giuseppe Conte ha dichiarato voler estendere fino a fine anno. Le due autostrade sono collegate tra loro più di quanto appaia.

La scandalosa gestione autostradale dei Benetton – tutto profitti, niente manutenzione e investimenti – svela la sua reale dimensione con il crollo del Ponte Morandi di Genova. Non è soltanto uno dei colossali ma non rari furti di denaro pubblico a scoperchiarsi legalizzati da uno Stato consenziente. È l’unanime clamore dell’intero Paese a elevarsi, aumentato dal fatto  che si presenta all’istante come una vera e propria emergenza. Il Viadotto della Polcevera, infatti, è un cruciale snodo non solo viario, ma logistico, industriale, turistico internazionale. Va ricostruito immediatamente. Per questo si approva alla velocità della luce un Sistema Genova, che consente di affidare commesse e appalti, abrogando tutti i previsti adempimenti legislativi, di certificazione e controllo. L’emergenza autostradale ligure, anticipa – in dimensione locale – quella sanitaria su scala globale. Ora i Benetton stanno lì a tirare sui conti in una puntigliosa trattativa con lo Stato, su quanto sono disposti a cedere dei profitti fin qui loro elargiti da una concessione pubblica sine cura. La natura di capitalisti micragnosi, peraltro, è proprio nell’incapacità di un gesto all’altezza della dimensione profondamente simbolica che ha segnato la coscienza nazionale. Al momento non è ancora chiaro come andrà a finire l’intero contenzioso. Un punto fermo, però, resta. La reductio ad emergentia, meramente monetario-cementizia, si staglia come espressione di inadeguatezza dell’intera classe dirigente.

E veniamo all’autostrada dell’emergenza sulla quale si sta spostando il casello d’uscita dalla mezza estate al mezzo autunno (il primo annuncio diceva fino al 31 dicembre). Non essendoci al momento una situazione di contagio acuto, il provvedimento annunciato da Conte appare davvero senza ragionevole fondamento. Le leggi in materia protezione civile e allarme igienico-sanitario consentono – in caso di crisi di ritorno – di proclamarlo all’istante lo stato d’emergenza, a mezzo di una delibera del Consiglio dei Ministri. Governare in regime di eccezione, però, consente di chiudersi nella cabina di guida, appendendo ben visibile fuori il cartello: Non parlare al conducente. Gli ormai mitici DPCM – Decreti del Presidente del Consiglio – consentono di tagliare corto e non incagliarsi troppo sia rispetto ai dissidi interni alla maggioranza, sia rispetto alle strida della minoranza. Di rimandare le spinose elezioni regionali e il referendum sul taglio dei parlamentari. Di presentarsi in Europa come paese necessitante urgente aiuto perché ancora sotto insidia pandemica. Cambierebbe poco anche a parti ipoteticamente rovesciate: ossia che l’attuale minoranza ascendesse al governo, e la maggioranza precipitasse all’opposizione. E persino se Conte dovesse all’ultimo momento ritirare l’annuncio. Perché il vero autentico stato d’eccezione, situazione d’emergenza è l’incapacità, l’inadeguatezza della classe politica, economica, amministrativa nazionale a gestire  non la fine della storia – secondo quanto scrisse Francis Fukuyama – ma certamente una apoplessia della civiltà. E questo ben prima del coronavirus, dato che uno sconvolgimento politico, economico, tecnologico era già avvenuto sulla soglia del nuovo millennio, senza che avesse ancora trovato una nuova – per quanto precaria – via d’assetto. Così la richiesta di prolungamento autostradale dell’emergenza, non è per far fronte all’apice della crisi sanitaria, ma all’abisso di un’emorragia cerebrale che colpisce la possibilità stessa di governo nel mondo. Non è la mappa rappresentativa di un territorio, ma la sua carta geografica in scala 1:1, ossia delle stesse dimensioni fisiche e simboliche dello smarrimento in esso. “L’autostrada è la/ ma ci regalerà/ un autunno malinconico”. L’autunnale malinconia dell’avvenire disperso.

di Riccardo Tavani