La gravità delle coscienze
“La colla è l’anima, la sabbia il sentimento. Se non si stende bene la colla, il sentimento non attacca…” una battuta che condensa il dialogo, composto da due soliloqui, tra Gabriele Lavia e Federica Di Martino. Il commissario in attesa di pensione e la donna che vuole redimersi dell’assassinio del marito. Due vite scandite dal tempo della pioggia e dello sferragliare di un treno. Sempre lo stesso treno. Sempre lo stesso identico rumore, a cui chiedere dove andate, mentre la pioggia scandisce con lentezza il tempo statico, misurato dalla incapacità di ognuno di misurarlo.
“Le leggi della gravità” lo spettacolo messo in scena al Quirino di Roma, tratto dal romanzo di Jean Teulé, ci fa entrare in quell’universo parallelo di cui ognuno di noi è parte integrante. Una dimensione in cui la fisica, come scienza, non risponde alle domande della metafisica surreale che fa parte della quotidianità monotona della vita. Un commissariato ove il tempo è fermo, mosso solo dalle lancette dell’enorme orologio appeso sulla parete, a scandire il tempo di un tempo senza il ticchettio o il tic tac inesorabile che ci conduce fuori dalla ragione. Precipitano le coscienze, precipitano gli eventi, precipita e cade tutto ciò che è banale e retorico. Precipita la vita, sospinta dalle leggi della gravità, che non rispondono ai sentimenti o alle violenze, o agli amori sbagliati e alle violenze coniugali, dove è sempre la donna subire. Anche quando vuole redimersi di un peccato di difesa della propria integrità.
La gravità, la legge della gravità non fa sconti, non tiene conto dell’etica e della morale. La legge della gravità tira giù. Precipita verso il basso la nostra esistenza già rovinata verso il basso. Gabriele Lavia non deve recitare per essere credibile, gli è sufficiente essere se stesso, dentro un personaggio che si muove al frastuono e rimane fermo allo scorrere del suo tempo. Così Federica Di Martino, che riesce a trasmetterci la lacerazione della sua coscienza, che è la sofferenza di un amore senza carezze. Il ragazzo sottoposto, interpretato da Enrico Torzillo, lascia una impronta di leggerezza in questo dramma esistenziale, unico personaggio non attratto dalle leggi della fisica. La legge non misurabile del dolore e dell’amore, del senso di colpa è del fallimento. Nove e ottantuno metri al secondo è la velocità di un corpo che cade, ma la legge di gravità degli esseri umani qual è? La legge non misurabile di ciò che, a volte, dentro di noi ci rende schiavi, altre volte ci rende liberi di essere schiavi e protagonisti dei nostri fallimenti e frustrazioni. Una legge di gravità implacabile che ci tira giù senza lasciarci scampo, se non quello di un gesto di dolcezza nel donare un mazzo di fiori “rubati” nel giardino comunale, come atto di compensazione e di perdono, per una donna, che per vincere la gravità che la sprofonda negli inferi della violenza, è costretta a compiere un atto di giustizia che si trasforma in senso di colpa. Senso di colpa che appesantisce l’anima e la trascina ancora più a fondo di qualsiasi legge della gravità.
di Claudio Caldarelli e Stefania Lastoria.