Se andate a Palazzo Braschi per Klimt, dovete vedere anche SEGNI

Dall’apertura dello scorso 27 ottobre a poco prima di Natale, la mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” ha registrato un’affluenza di oltre 80 mila visitatori. Allestita nello splendido scenario di Palazzo Braschi, proprio nel cuore di Roma, su Piazza Navona, l’esposizione dedicata al pittore austriaco è la prestigiosa vicina di casa di un’altra, interessantissima, iniziativa: la mostra SEGNI, un progetto pedagogico, fotografico e comunicativo sul tema della violenza contro le donne.

Si potrà visitare fino al 13 marzo 2022, con ingresso gratuito, grazie alla collaborazione tra Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Consulta femminile del Pontificio Consiglio della Cultura e Cortile dei Gentile. La mostra consiste in 33 quadri fotografici, oltre quaranta scatti che portano la firma di Simona Ghizzoni e Ilaria Magliocchetti Lombi. Sulle pareti ci sono quattro storie, quelle di Anna, di Lucilla, di Sara, di Valentina. Donne di età diversa, con un passato diverso, con vicende diverse. Ma con lo stesso, tortuoso, percorso di violenza. “La parola violenza deriva dalla radice latina vis e indica l’azione di infrangere i limiti con la forza. Il desiderio femminile di libertà è ostacolato dalla brutalità di chi non lo accetta. L’aggressività fisica è la scorciatoia per risolvere un conflitto senza la fatica delle parole” così Consuelo Corradi, della Consulta femminile del Pontificio Consiglio della Cultura, spiega in apertura della mostra. “La violenza contro le donne, con la sua carica di ingiustizia e dolore, apre talvolta uno squarcio su altre situazioni: la volontà di dominio, la vulnerabilità della vittima, lo scontro senza dialogo, l’abuso sui minori. Oggi la nostra intolleranza nei confronti di questo fenomeno rispecchia anche il mutamento delle relazioni tra uomo e donna. L’amore e l’intimità non sono più compatibili con l’abuso”.

Una mostra che contribuisce a tenere il faro acceso su una tematica che, con la pandemia da Covid 19, sembra addirittura peggiorata. Secondo i dati dell’Istat, infatti, nei primi nove mesi del 2021 le richieste d’aiuto al numero anti violenza 1522 sono state 12.305, al fronte delle 8.647 del 2019. I dati hanno evidenziato anche che le misure restrittive alla mobilità, adottate per contrastare la pandemia, hanno amplificato la percezione della paura per la propria incolumità da parte delle donne: sono 15.000 quelle che nel corso del 2020 hanno iniziato un percorso di uscita nei Centri Anti Violenza. Nove donne su 10 segnalano di aver subito una violenza psicologica, il 67% una violenza fisica, il 38% una violenza economica.

Per contrastare questi numeri serve uno sforzo collettivo, a tutti livelli. Giuridici, politici, didattici, culturali e sociali. Per questo mostre come quella di SEGNI servono. Per questo mostre come questa vanno viste. Dietro agli scatti di Simona Ghizzoni e Ilaria Magliocchetti Lombi ci sono infatti le storie, gli sguardi, i gesti e gli spazi di donne che hanno vissuto e subito esperienze di violenza domestica. E quegli scatti vanno visti, per saperli riconoscere, combattere e bloccare.

di Lamberto Rinaldi