Decreto Ong, qual è il punto?

Entro il 2050 il continente africano raddoppierà la sua popolazione che arriverà a sfiorare i 3 miliardi di persone. Lo farà, presumibilmente, mentre perdureranno nelle nazioni africane i conflitti, le guerre e gli scontri che già oggi incendiano l’Africa, guidata da una classe politica corrotta, collusa, che, come vari analisti da decenni denunciano, ha utilizzato i flussi di aiuti umanitari per arricchire i propri potentati lasciando la maggioranza delle popolazioni nella fame, una fame che causa, ancora oggi, la morte di migliaia di bambini ogni giorno.

Bambini che, d’altra parte, in Italia, in Europa, nascono sempre meno, e in contesti sempre meno accoglienti per la vita, sia dal punto di vista psicologico, come segnala l’Ordine Nazionale degli psicologi in Italia, che da quello socio-economico. Il Censis, nel suo ultimo rapporto, parla di un inverno demografico spaventoso, che nei prossimi decenni si paleserà in modo sempre più netto con fenomeni chiari come la mancanza di bambini nelle aule scolastiche, la mancanza di giovani per intraprendere le professioni più delicate e sensibili, come quella medica.

Di cosa ci parla questo scenario che si va delineando? 

Mi pare che si possa, in questo contesto, riprendere l’espressione resa celebre da Pasolini già negli anni 70, quella di “mutazione antropologica”. Nello specifico, è del tutto evidente che assistiamo all’esaurimento demografico, economico, culturale, sociale, del ceppo nato tra il II e il V secolo d.C. con la mistione delle popolazioni romane d’occidente e quelle barbariche, che ha dato vita alle etnie europee, che sembra avviarsi verso un processo analogo a quello vissuto dai romani alla fine dell’Impero d’Occidente. Queste popolazioni paiono esauste e non si scorgono all’orizzonte segnali di ripresa, anzi. La vita nelle città, nelle metropoli, nei paesi europei appare sempre meno sostenibile, e d’altra parte sembra già essersi avviata una profonda mistione, che porterà ad un nuovo soggetto antropologico, con popoli provenienti dall’Asia, dall’Africa, dall’Est Europa.

Il futuro è già presente. L’Europa potrà rinvigorirsi, ringiovanire, svecchiarsi se riuscirà a tendere una mano all’Africa, che allo stesso tempo potrà risolvere gli endemici problemi di povertà, malnutrizione, corruzione, soltanto se saprà camminare insieme all’Europa.

In questo contesto più ampio assume un rilievo fondamentale la disciplina dei flussi migratori, soprattutto quelli ingenti provenienti dall’Africa. Dalla bontà dell’azione politica europea dipenderà una non irrilevante parte del futuro dei prossimi 100 anni del vecchio continente.

Da come l’Europa riuscirà ad approfondire, affrontare, risolvere la questione migratoria, dipenderà molto del suo futuro. In questo contesto si inseriscono le attuali scelte politiche dei singoli governi europei, tra le quali l’ultimo decreto legge del governo Meloni sulla regolamentazione dei flussi.

Il decreto del governo ha molto diviso. La Premier Meloni lo ha pubblicamente difeso asserendo che esso si attiene al diritto internazionale, punto dirimente della critica svolta dalle principali Ong attive nel mediterraneo, che chiedono all’Italia di bloccarlo perché non rispetterebbe il diritto del mare. Il Decreto sulle Ong del governo Meloni è, in realtà, il decreto che ci si poteva aspettare dal suo governo, un governo di destra. Esso disciplina in modo più stringente l’attività delle Ong e le vincola a una prassi più complessa nelle loro operazioni di salvataggio, al fine di scoraggiare il ricorso massiccio ai porti Italiani e coinvolgere anche le altre nazioni europee nelle loro operazioni.

Vorrei, a chiusura di questo articolo, non esprimere un commento personale ma richiamare le parole di Papa Francesco il quale, a varie domande sulla bontà dell’azione del governo italiano su questo punto fondamentale dei flussi migratori, ha sempre sottolineato che il punto è un altro.

Il punto serio su cui riflettere, su cui Papa Francesco non cessa di richiamare l’attenzione, è l’incredibile insufficienza delle politiche europee sulla gestione dei flussi migratori.

Manca incredibilmente, ancora oggi, una politica comune di disciplina dei flussi da parte dell’Unione Europea che, di fatto, nei decenni scorsi si è divisa tra paesi più chiusi e paesi, come l’Italia o la Grecia, su cui riversare la maggior parte dell’onere di accogliere i rifugiati.

Una politica sana di regolamentazione dei flussi migratori potrà essere svolta solo a livello europeo. Senza un forte coordinamento nel contesto dell’Unione le azioni dei singoli stati non potranno che risultare drammaticamente scoordinate e insufficienti. Ma su questo punto, l’azione politica europea, è ancora ben lungi dall’essere all’altezza.

Giacomo Fagiolini