Sessanta minuti di pura poesia
Si combatte sempre dalla parte sbagliata e si lasciano andare le cose più belle. Ma poi arriva la presa di coscienza e si torna dalla parte dei “giusti”. Dalla parte delle persone che ci sono più care. “L’amico ritrovato” in scena al Cometa off di via Luca della Robbia a Roma,con la delicata, intensa regia di Alessandro Sena, permette alle attrici e agli attori di esprimere, con garbo e senza fronzoli, la drammaticità dell’Olocausto.
Un piccolo teatro, circa cento posti, tutti occupati da un pubblico in religioso silenzio, attenti ai piccoli misurati movimenti che avvengono, da una parte e dall’altra del filo spinato. Un muro di filo spinato che divide la scena, come divide la vita dei protagonisti, ma ci ricorda ogni minuto le atrocità del nazismo e del fascismo. Le leggi razziali. I campi dì concentramento. Le deportazioni. Sei milioni di persone p, uomini donne e bambini, uccisi, trucidati nelle camere a gas.
Alessandra Cosimato, Alessio Chiodini, Vittoria Rossi, Marco Fiorini, interpretano senza sbavature, una delle epoche più orribili e dolorose del secolo scorso, trasmettendo al pubblico la sofferenza dell’abbandono. Sullo sfondo una amicizia, un legame particolare, vissuto giorno per giorno, contro i pregiudizi, che poi, però, in un secondo tempo prendono il sopravvento e dividono i due ragazzi.
Il romanzo di Uhlman come la rappresentazione di Alessandro Sena, affronta il tema della amicizia che resiste al tempo che incalza e supera gli errori, per ricongiungersi a quel sentimento di purezza adolescenziale. L’amicizia che annulla le differenze sociali, il coraggio di compiere scelte scomode, l’orrore della guerra e del regime nazista.
Sul palco, il filo spinato incombe, quasi sovrasta, ma viene ben riassorbito dai dialoghi e dalle parole, pronunciate a bassa voce, così i gesti, eleganti e garbati, permettono al pubblico di immedesimarsi non con i personaggi, ma con la storia. Con la drammaticità della storia avvolge come una nube gli spettatori. La narrazione è in prima persona, questo permette l’immedesimazione dello spettatore agli eventi raccontati, permettendo di empatizzare con i fatti della storia e della amicizia.
Una empatia potente, tesa, quasi ansiosa, fino al colpo di scena finale che ricongiunge, dopo anni e anni di distanza, i due protagonisti: Hans e Konradin.
Hans che ritrova Konradin nel sentimento provato per decine di anni e mai dimenticato. Una memoria nella memoria. Tutto nella scoperta finale, quando Hans ritrova il legame profondo ed autentico con Konradin. Quando legge la lettera inviatagli dal suo vecchio liceo di Stoccarda, che contiene l’elenco degli studenti morti in guerra. C’è anche il nome di Konradin con su scritto“giustiziato per aver preso parte al tentativo di assassinare Hitler”.
Sessanta minuti di recitazione poetica. Sessanta minuti di emozione in crescendo. Sessanta minuti di poesia regalati al pubblico da un ottimo regista e da ottime attrici e attori.
Claudio Caldarelli