La pazza gioia: al di là delle etichette mediche

Ludovica

L’ultimo film di Paolo Virzì sembra un film d’altri tempi, sarà per la ricorrente canzone “Senza Fine” si Gino Paoli che più volte interrompe il ragionamento dello spettatore e lo porta a viaggiare tra le nuvole in uno spazio parallelo.

Il successo è assolutamente merito delle due protagoniste, Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, e di chi le ha scelte. Toglietevi i cappelli signori, di fronte a così tanta bravura.

Ci troviamo nella campagna toscana, in una casa di cura. Le nostre due protagoniste sono l’una l’opposto dell’altra: una logorroica, estroversa, appariscente ed egocentrica, l’altra silenziosa, fragile, invisibile. Una cosa in comune però ce l’hanno: le perizie mediche gli attribuiscono l’etichetta di “matte”.

Una donna che dalla vita ha avuto soldi, bellezza, potere e lusso ma che è stata trascinata sul lastrico da conoscenze sbagliate, mentre l’altra una ragazza madre costretta a separarsi da suo figlio, abbandonata da entrambi i genitori e senza affetti. Sono due donne sole, che trovano l’una nell’altra una vera famiglia, qualcuno a cui interessi veramente di loro.

Una commedia nera, che molte volte fa ridere ma altrettante fa riflettere su quanto, a volte, i casi della vita portino le persone ad essere ciò che non sono mai state o che nessuno si aspettava che diventassero. Etichettare una persona è semplice, ma non lo è capire le dinamiche che l’hanno portata ad essere quello che ora è.

In un’ epoca in cui le persone amano molto giudicare, questo film interroga lo spettatore chiedendogli: E se fosse successo a te? Come avresti reagito?

Saresti diventato “matto” anche tu?

Complimenti a Virzì per aver affrontato un tema così delicato, e tanto di cappello a queste due attrici così talentuose, che ci fanno ancora sperare nel buon cinema italiano.

di Ludovica Morico

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